Emozionato come al primo giorno di scuola, non di quando insegnavo, ma di quando ero bambino. Sono andato a Montorio a vedere il nuovo Teramo, con l’emozione del primo giorno. Finalmente si ripartiva. Ma le vere emozioni sono arrivate sul campo. Un mare di gente, praticamente tutta Teramo. Ma l’emozione più forte l’ho provata quando ho sentito venire da lontano, e poi avvicinarsi sempre di più fino a diventare suoni distinti, un rullo di tamburo e cori da stadio. Erano loro. I tifosi più tifosi dei tifosi più accesi. C’erano anche loro. Poi ad inizio partita, ma soprattutto alla fine, c’è stato… un matrimonio, ho pensato subito. Ma no, non era un matrimonio, era un riconoscimento di paternità, come avevo avuto modo di scrivere qui. Ma adesso i padri c’erano tutti. La tifoseria teramana, finalmente al completo, si riconosceva padre di questo Teramo, anche se ha un altro nome, ma quello è. Si tratta di una staffetta. Si ricomunica dal basso, dalle aste del calcio, ma torneremo a frequentare l’università riprovando a laurearci. Quando è arrivato il goal, il primo della nuova serie, si spera lunga, l’emozione al suono del tamburo e dei cori è stata magica. Poi c’è stato un pareggio e con un pareggio si è concluso l’incontro, contro la squadra di un nostro quartiere.
Abbiamo così capito che sarà duro risalire, nessuna partita e nessun campionato sono vinti sulla carta, sul campo bisogna lottare e si dovrà lottare su tanti campi. Attenuanti sul piano tecnico la squadra ne ha tante, per la mancata vittoria: la scarsa preparazione, l’allestimento all’ultimo momento, l’inevitabile assenza di amalgama, forse anche l’impegnatività del compito, il dover vincere ad ogni costo, il dover essere meritevoli di quel grande calore tanto generosamente distribuito a piene mani. Vedere tutta la tifoseria inneggiare alla squadra, che la ringraziava, nonostante il risultato deludente, ha fatto capire che Teramo sportiva è grande protagonista e lo sarà nella stagione del riscatto.
Però, mentre giocavamo e pareggiavamo, anzi, mentre giocava la nostra squadra e la vedevamo pareggiare a Montorio, anche se giocavamo in casa, non potevamo non pensare che c’erano dei responsabili della paradossale situazione in cui ci trovavamo. Perché giocavamo in promozione quando l’anno scorso giocavamo in serie C ?
Perché giocavamo in casa, ma a Montorio, e non al Bonolis, su uno stadio meraviglioso? C’era la colpa di qualcuno?
Di chi fosse la colpa lo hanno gridato i cori degli ultras, ma indicare un nome o dei nomi ancora non basta. Ciò di cui c’è bisogno è la verità.
Abbiamo bisogno di verità.
Non sarebbe il caso che si nominasse, non so da parte di chi, una commissione di inchiesta? Per appurare davvero quello che è successo e che sembra incredibile, per individuare le responsabilità precise, a partire dalla convenzione per la gestione dello stadio, fatta e scritta con i piedi, se ha consentito quello che ha consentito e se continua a consentire quello che ancora consente. Per proseguire poi nell’accertamento delle tante altre inadempienze di cui è stato figlio lo scempio compiuto.
Non può davvero finire così.
La pertinacia della proprietà della vecchia società ad evitarne il fallimento, per motivi del tutto personali, non consentirà a breve alla nuova società di assumerne e perpetuarne la denominazione, e questo è delitto ancora più grave dei precedenti.
È sbagliato usare violenza verbale e materiale contro i responsabili.
Le condanno fermamente.
Però io stesso, che esco poco, se uscissi e mi trovassi faccia a faccia con qualcuno dei responsabili, dovrei dire a me stesso ciò che Berlusconi diceva agli avversari che si ponevano al di sopra delle righe: “Si contenga”. E farei fatica a contenermi nel dispensare quanto meno sberleffi – che furono rivolti anche a Papi e Cardinali e a un Papa ad Anagni toccò anche uno schiaffo – a chi si è macchiato di tante colpe, sul piano sportivo. Ma se sono sbagliate e condannabili ogni ingiuria verbale e ogni violenza fisica anche accennata, è consentito porre qualcuno sul banco degli imputati, sempre sportivamente parlando – condurre uno stringente interrogatorio, elevare atti di accusa, sempre sul piano sportivo, e pronunciare una serrata requisitoria.
Perché se ci troviamo dove e come ci troviamo – calcisticamente parlando – è per colpa di qualcuno.
Nel caso specifico non si può dimenticare che un soggetto tre anni fa prese nelle sue mani le sorti di una società di calcio, promise ai tifosi il paradiso e passando poi per un lungo purgatorio, li ha fatti ritrovare nell’inferno della promozione, a giocare in casa a Mosciano contro il Piano della Lente e domenica prossima fuori casa a Villa Mattoni, una frazione di Sant’Egidio.
Ripartiamo, siamo ripartiti, ma non possiamo dimenticare e non dimenticheremo chi, completamente incompetente – sempre calcisticamente parlando - ha inanellato errori su errori, non ne ha indovinata una e con arroganza e supponenza ha dispensato titoli ingiuriosi per primo, considerando i tifosi dei clienti, chi avanzava critiche come beceri, e continuando a fare provocazioni, come l’ultima, nell’invitare il sindaco a riprendersi pure lo stadio, se lo rivuole, ma tirando fuori i tre milioni di euro sborsati, non considerando che a dargli lo stadio non furono i suoi tre milioni ma le promesse che fece riguardo al Teramo Calcio.
La commissione d’inchiesta dovrebbe anche accertare se gli furono fatte promesse non mantenute, magari riguardo al PEF, o se furono le sue solo pie illusioni non sopportate da promesse.
Ripartiamo, e siamo ripartiti, ma non possiamo dimenticare e non dimenticheremo.
Solo una persona digiuna di calcio e calcisticamente incompetente non riesce a valutare quanto sia profonda la ferita dei tifosi teramani, anzi dei teramani, costretti a giocare in casa a Montorio contro una squadra rionale e non riuscire a vincere la partita, ma solo a pareggiarla. Eroi quanti hanno ricostruito in pochi giorni una società e una squadra, non certamente quanti ne hanno distrutto una in appena tre anni, coprendo di vergogna una tifoseria e un’intera città.
Mi auguro che, non potendo usare nei confronti di certi personaggi l’ostracismo che era in voga nell’antica Atene, i teramani che amano Teramo boicottino ogni tipo di attività intrapresa in città da quanti sono stati responsabili di uno scempio storicamente paragonabile, e non esagero, all’incendio di Teramo ai tempi di Roberto di Loretello, nel medioevo.
Amen.
Elso Simone Serpentini