Una premessa: aver assunto l’impresa eroica di ricostruire il calcio teramano dalle rovine iachinesche e ciacciesche non dà automaticamente alla nuova società, al presidente, ai dirigenti, al general manager, all’allenatore e ai giocatori il diritto all’assoluzione, all’indulgenza e alle scusanti. Se abbiamo scelto di amare e seguire la nuova società, in continuità con quella precedente portata alla rovina, anche in una categoria più bassa e quasi umiliante, se abbiamo deciso di tifare come se stesse ancora in serie C, abbiamo il diritto di avanzare le stesse riserve e, se necessario, le stesse critiche, alla società e alla squadra, come se davvero stessero ancora in serie C. Non farlo sarebbe addirittura offensivo, e significherebbe fare un torto alla nuova realtà calcistica e ai nuovi protagonisti, considerandoli come minorati nei cui confronti non poter che esprimere pietà e misericordia. Dopo questa premessa, una considerazione, che ci accompagnerà per tutto il campionato: non dobbiamo mai dimenticare che, se stiamo dove stiamo, se cioè giochiamo in Promozione e abbiamo giocato finora in successione contro squadre espresse da un quartiere del comune di Teramo, da una frazione del comune di Sant’Egidio e da una frazione del comune di Pineto e se abbiamo giocato due volte in casa a Montorio, non riuscendo a vincere in nessuna delle due occasioni, la colpa sappiamo bene di chi è. Questo non lo dimentichiamo mai, anzi, lo dobbiamo ricordare ogni volta.
Fatte la premessa e la considerazione generale, arrivando alla partita contro il Mutignano, esprimo subito il disagio da me provato all’entrata in campo delle due squadre. Ho dovuto chiedere a chi mi stava vicino quale delle sue fosse il Teramo. Non volevo correre il rischio di fare il tifo per la squadra avversaria. Quando mi hanno detto che i giocatori del Teramo non erano quelli con la maglia bianca – lo avevo sperato – ma quelli che indossavano un’orribile maglia di colore scuro indistinto, ho orripilato. Non ci volevo credere. Non ci vedevo bene, ho chiesto se fosse nera, come quella indossata l’anno scorso in qualche partita, brutta da fare pietà. Mi hanno detto che il colore era viola. Ho orripilato una seconda volta. I cori degli ultras che hanno accompagnato instancabilmente tutta la partita, anche alla fine dopo il deludente pareggio (interno a Montorio), dicevano, tra l’altro: “Rispettate la tradizione”. Di quale tradizione fa parte quella maglia viola? Quando nella sua storia il calcio teramano ha rivestito il colore viola? I cori dicevano ancora “Amate questi colori”. Ma quali colori? Il viola? Francamente sono inorridito. Abbiamo avuto nel nostro passato maglie biancorosse splendide, alcune meravigliose, da dove, da quale cervello bacato è uscita quella maglia esibita contro il Mutignano? Un preghiera: buttatela nel cesso. Perché non c’è luogo migliore dove possa stare. Non fatemela vedere più.
Veniamo al resto, ricordando il pieno diritto di avanzare critiche e ventilare perplessità. Avevo già capito che vincere questo campionato di Promozione non è facile, ma non avevo capito che cose volesse dire chi aveva detto che comunque la squadra allestita, sia pure in ritardo e con ciò che c’era rimasto sul mercato dopo che tutti avevano già comprato, era composta da giocatori di categoria superiore. Il Teramo - io lo chiamo così – visto finora non la messo in evidenza nessuna superiorità tecnica né tattica né di comportamento rispetto alle avversarie, che anzi hanno mostrato una maggiore grinta. Finora i titolati giocatori teramani hanno mostrato limiti enormi, di tecnica individuale e collettiva, di mobilità e grinta sul campo, di tenuta atletica, di mentalità e di agonismo. Abbiamo visto solo palloni buttati in avanti alla evviva il parroco, nessuna trama di gioco, nessun fraseggio, incertezze difensive da brividi e puntate in avanti imprecise ed improbabili. Il giudizio globale, per ora è: inguardabili. Inguardabili i singoli, inguardabile l’assetto tattico, inguardabile la linea di difesa, inguardabile il centro campo, inguardabile l’attacco, inguardabili gli scontri individuali, quasi tutti perduti e perdenti. Un proverbio teramano dice: “Dio non pegge”. Ecco, speriamo che non venga il peggio, perché peggio di così non si può. Meravigliosi i tifosi, meraviglioso il pubblico, numeroso, meravigliosi i cori e gli incoraggiamenti. Ma così non si andrà lontano, se non cambierà presto qualche cosa. E intanto la prima cosa da cambiare sono le maglie. Buttatele. Se dobbiamo veder giocare i calciatori teramani, che dovrebbero essere biancorossi, con quella orribile maglia, tanto vale che li facciamo giocare in cannottiera. Non sarà regolamentare, ma almeno sarà più bello, o quanto meno, meno brutto. Quanto al risultato, per adesso, pazienza… ma non sarà così che, bomba o non bomba, arriveremo a Roma.
Elso Simone Serpentini