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image- Un'organizzazione campana, con ramificazioni in Abruzzo, specializzata nell'ottenere finanziamenti con documenti falsi per l'acquisto a rate di automobili che poi venivano rivendute ad autosaloni compiacenti o via internet, è stata scoperta dalla Polizia Stradale di Amaro (Udine), che ha eseguito nove ordinanze di custodia cautelare in carcere. Una decima persona, ritenuta il capo del gruppo, è sfuggita alla cattura. L'indagine ha ricostruito una trentina di episodi avvenuti tra l'ottobre 2011 e il settembre 2012, con il coordinamento della Procura della repubblica di Napoli. Le concessionarie coinvolte nella truffa sono in provincia di Udine, in Liguria, Emilia Romagna e Abruzzo. Sette arresti sono stati eseguiti a Napoli e provincia, una in provincia di Macerata e una in provincia di Teramo. In manette sono finiti Maria Incoronato, 30 anni, Stefano Sommella (25), Francesco Incoronato (31), Rosetta Penza (47), Veronica Metalli (26), Roberto Tango (62), Angelo Sarpa (54), Luigi Santilli (67) e Rosario Rischio (46). Una decima persona è ricercata. L'indagine è stata avviata alla fine di ottobre 2012 dalla Polstrada di Amaro (Udine), sulla base di una segnalazione da parte di una società finanziaria, che aveva scoperto un tentativo di truffa alla concessionaria «Michelutti» di Gemona del Friuli (Udine). Gli investigatori hanno accertato che il sodalizio, di origine napoletana, aveva agito con il medesimo meccanismo al nord, in particolar modo a Udine, Gorizia, Pordenone e Trieste, e nel centro Italia. Fornendo documenti d'identità, tessere sanitarie e buste paga, risultati completamente falsi, i soggetti traevano in inganno i venditori delle concessionarie a cui richiedevano un prestito per il valore della vettura. Quando la pratica di finanziamento veniva accolta, dopo qualche giorno le autovetture venivano consegnate e successivamente reimmesse su mercato tramite autosaloni nel capoluogo campano e una concessionaria della Provincia di Firenze, ma anche sui siti web che trattano la compravendita di auto; inoltre, venivano anche radiate dalla circolazione italiana per essere immesse sul mercato tedesco. La falsa documentazione era compilata usando l'identità di assessori o consiglieri comunali in tutta Italia; le buste paga falsificate erano emesse da enti pubblici come aziende ospedaliere, o da società note. Le autovetture acquistate appartengono alla classe delle «utilitarie», di importo inferiore ai 15.000 euro, quindi finanziabili e facilmente rivendibili. Ai venditori venivano forniti numeri di telefono fisso o cellulare attivati presso un venditore di Marano di Napoli.