Non le polemiche della politica. Non le firme di oltre quindicimila cittadini. Non i ricorsi dei Sindacati. A chiudere ogni possibile discussione sul nuovo ospedale a Piano d’Accio, potrebbe essere la storia. Quella vera. Quella antica. Quella dei teramani in toga, che passeggiavano tra le strade d’Interamnia e amavano abitare fuori città… magari in una villa lungo il fiume. Ecco, è proprio una di quelle ville, anzi: due di quelle ville che potrebbero segnare la sorte del nuovo ospedale, perché ricadono esattamente nell’area del progetto. A scoprirle, è stato l’ingegner Domenico Di Baldassarre, nel corso di uno studio archeologico che ha prodotto un esposto alla Soprintendenza, perché si apra al più presto uno studio approfondito sull’area. «A Piano D,Accio, nello spazio delimitato dal fiume Tordino, dal torrente Fiumicino, dall'Autostrada, dalla Strada Statale 80 e dalla Ferrovia Teramo Giulianova, si vuole realizzare un nuovo ospedale - scrive Di Baldassarre - il 60% dell'area ricade sotto il livello del fiume Tordino e sulla restante area dovrebbe sorgere il nuovo ospedale. Proprio in quest'area, costituita da due antichi terrazzi alluvionali del fiume Tordino, a valle della colonia S. Antonio, casa a due piani, e a monte della stessa, si rinvengono i resti di due ville romane». E' evidente che, se l'area diventasse di interesse archeologico, salterebbe di fatto la possibilità di costruire il nuovo ospedale, oppure il progetto rischierebbe di subire rallentamenti letali, vista l'esigenza di effettuare scavi.
Ecco la piantina con l’ubicazione delle due ville romane, all’interno dell’area (quella rossa) del nuovo ospedale.
E non solo le due ville. «Da osservare che nel vicino Casino Giosia, con quattro torrette di difesa ad angolo, sopravvive intatta una cisterna cilindrica romana in calcestruzzo utilizzata come cantina con la realizzazione di un cupola ribassata in mattoni e presso la confinante vecchia strada Cecilia lnteramnia-Castrum Novum, l'archeologo Andrea Staffa riferisce, nei “documenti dell’Abruzzo Teramano” della Tercas (VII,1), dell'esistenza di “necropoli ed altri resti di complessi romani”…». Quello dell’ingegner Di Baldassarre, non è il parere di un amatore dell’archeologia, ma l’attento giudizio di un vero esperto, da sempre impegnato nella politica di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio architettonico e archeologico, quali lo scavo archeologico della domus di Vico delle Ninfe, il progetto di consolidamento e valorizzazione del complesso di S. Francesco a Campli e il progetto di consolidamento di Castel Manfrino.
I reperti rinvenuti da Di Baldassarre.
(la foto principale è una elaborazione)