La soluzione contro la presenza (sempre più pericolosa per le colture) dei cinghiali ed ungulati in genere) sul territorio teramano e aquilano è una sola, a questo punto: l'intervento dell'Esercito almeno per contenere la presenza dei nocivi. Lo sostiene a chiare lettere Donato Di Marco, direttore della CIA L'Aquila-Teramo, nell'ambito del convegno di rilevanza nazionale che si è svolto oggi presso la sala conferenze della Camera di Commercio Gran Sasso d'Italia. Il tema del convegno è stato la Peste Suina, che spopola drammaticamente in Piemonte, e dalla quale secondo l'Unione Europea l'Abruzzo sarebbe esente per ora. Eppure i riflessi negativi dei danni alle colture da parte dei cinghiali restano tutti. "Da anni denunciamo una situazione che rischia di compromettere la tenuta economica del settore agricolo", ricorda Di Marco, raccogliendo le doglianze anche degli agricoltori aquilani che subiscono danni alle colture dal proliferare di cervi e caprioli. Tanti gli agricoltori presenti oggi a Teramo per affrontare il problema e confrontarsi. Il tutto, però, senza che nè l'assessore regionale alla Sanità Nicoletta Verì nè il collega delle Politiche Agricole, Emanuele Imprudente, si siano presentati (per impegni istituzionali pregressi, a quanto pare). Ma la loro presenza era particolarmente attesa per capire che strada intraprendere sul serio, a tutela di chi ormai coltiva i territori a seconda dei "gusti" dell'ungulato di turno e in funzione della salvaguardia della produttività, fortemente penalizzata dai danni generalizzati. "La Regione deve prendere una decisione: se assecondare solo ambientalisti e cacciatori, che portano forse più voti, o se aiutare gli agricoltori che muovono tuttora l'economia ma si trovano in ginocchio", ha denunciato Vinicio Blasetti, agricoltore aquilano. La misura è colma. La Regione cosa fa?