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3bacc731-16ce-441a-9f86-eb91d6226129.jpgTeramo, stretta tra il cuore dell’Appennino e il mare Adriatico, tra vette incontaminate  e scenari naturali dei picchi elevati e impervi del Gran Sasso e dei Monti della Laga  che digradano poi verso un sistema collinare, per giungere infine al litorale adriatico. Teramo, territorio ricco di storia, tradizioni e testimonianze artistiche che non finiscono mai di sorprendere. Teramo, tra percorsi storici naturali, costellata di un entraterra ricca di antichi borghi pieni di fascino, che costituiscono tanti diversi percorsi di visita nella natura incontaminata e protetta. A Teramo il 1 maggio è il giorno delle Virtù. Il piatto tipico della cucina teramana. Un piatto fortemente identitario del nostro territorio da preservare e difendere dalle meretrici della ristorazione che vogliono trasformarlo in una cosa diversa. Una delle pietanze che meglio rappresentano il nostro territorio, delineandone le origini, la storia, i caratteri e gli aspetti più interessanti, e per questo è da preservare e valorizzare come importante strumento di conoscenza del nostro unico patrimonio di tradizioni gastronomiche. Con altre nostre (e solo nostre) eccellenze, che altrimenti rischierebbero di disperdersi con un danno incalcolabile per la città e il territorio . Le virtù sono inoltre uno dei piatti più rappresentativi della gastronomia abruzzese. Una tipicità della nostra gastronomia e della nostra storia contadina, al punto da costituire un modello esemplare del mangiare etico. Le virtù con il suo universo di saperi e di sapori che si identificano con i luoghi di origine e ne riflettono l’ambiente, la sua storia e le sue tradizioni sono un caso emblematico del non-spreco alimentare. Un modo virtuoso, tra storia e tradizione, di rapportarsi al cibo dove gli “avanzi” sono trasformati in ricetta e la pratica del riuso in lusinga del palato. Le virtù sono l’espressione di una visione del mondo fuori dalle logiche dell’usa e getta. Una visione dove lo spreco non ha spazi di significato, dove gli avanzi del pranzo diventano il cibo della cena. Consuetudini locali diverse provvedono a confezionare e denominare la ricetta in modo diverso. Ma la caratteristica peculiare di questa pietanza, che la rende esclusiva in rapporto a qualunque altra tipologia di zuppa della gastronomia italiana, è che ogni singolo ingrediente - odori, legumi e verdure di vario genere cui si possono aggiungere diverse qualità di pasta secca, ritagli di pancetta, guanciale, cotica, o semplice osso di prosciutto - viene cucinato secondo i modi e i tempi che gli sono propri. A cottura ultimata, tutto viene amalgamato assieme e adeguatamente insaporito con una ricca base aromatica di finocchietto, aneto, borragine, sedano, salvia, alloro, cipolla, aglio, timo, maggiorana, origano, che ne completa la sapidità. Il risultato finale è un piatto capace di garantire un’esperienza gastronomica unica dove il gusto si esprime nelle sue diverse forme percettive: di vista, di olfatto, di sapore, ma soprattutto di tatto, inteso nella sua dimensione di consistenza degli alimenti.
Ma le virtù, oltre ad essere il cibo del riuso per eccellenza, oltre a essere un modo ossequioso di rapportarsi alla sacralità degli alimenti, oltre a essere una ricetta delle nostre tradizioni contadine al centro di un fiorente revival gastronomico, pòtrebbe rappresentare anche altro e di più: ossia l’efficace vessillo (brand) di una regione che per i suoi connotati di autenticità culturale è in grado di candidarsi a meta di un turismo sostenibile capace di appagare le esigenze di viaggiatori sempre più desiderosi di coinvolgersi in esperienze totalizzanti con l’anima dei luoghi. Esperienze di cui i cibi, se sapientemente (ri)pensati e capacemente inseriti all’interno di una visione unitaria di promozione territoriale, possono rappresentare l’irresistibile via di accesso.
Come altre pietanze identitarie nella cucina tradizionale le virtù sono diventate nel tempo vere e proprie icone, simboli del territorio nel quale, a volte, sono unicamente presenti. Ma purtroppo per varie ragioni, tanta improvvisazione politicae e tanta incapacità le virtù a Teramo ancora non si identificano con un vero turismo gastronomico, quella forma di turismo riferita all'esplorazione delle realtà gastronomiche cioè lo studio della cultura e del cibo di un particolare territorio. Si qualcuno, poche decine di persone, gruppetti sparuti. Eppure questa forma di turismo è un nuovo modo di viaggiare che sta conquistando un numero sempre crescente di appassionati, alla ricerca di sapori e di tradizioni autentiche, volto a recuperare il potere tradizionale di ciascuna zona. Il tema del viaggio e della vacanza oggi è visto sempre più come un'esperienza che unisce al piacere della conoscenza di nuovi luoghi quello della scoperta dei sapori e dei prodotti tradizionali locali. Tale piacere è andato sommandosi alla consapevolezza della fragilità del nostro ambiente e all'importanza di adottare comportamenti virtuosi in modo da rispettare il più possibile l'equilibrio facendo del bene a noi, alla nostra salute e al nostro futuro. Tutto ciò si traduce, sul piano concreto, in nuove modalità di visita in cui tre fili conduttori ( turismo, enogastronomia e ambiente) si intrecciano saldamente. Varie sono le definizioni che si trovano riguardo il turismo enogastronomico ma – come ho già scritto varie volte - quella che ha fondato le basi è stata introdotta nel 1998 da Lucy Long per esprime l'idea:
"Per conoscere le altre culture è necessaria un'esperienza di degustazione dei cibi e dei vini tipici di quel territorio. Si  tratta dell'obiettivo primario che il turista si pone, ovvero di esplorare e degustare cibi e bevande per poter vivere un esperienza culinaria unica e specifica di una destinazione". Quindi è una forma di turismo culturale che appartiene a tutte le comunità, sempre che appartengano a un importante destinazione turistica e che abbiano incorporati cibi e bevande locali nel prodotto turistico. Questo concetto è interpretato superbamente dall'Italia che è bene conosciuta per i suoi paesaggi e le sue opere d'arte ma forse ancora di più per i suoi piatti tradizionali che variano da regione a regione e che essi stessi raccontano storie leggende e tradizioni d'Italia. Ma non da noi, non a Teramo. In numerose regioni d'Italia la gastronomia tipica è vista come parte fondamentale del patrimonio locale e la vendita dei suoi prodotti aiuta a promuovere a valorizzare la sua identità diventando una vera e propria attrazione turistica. Ma non da noi, non a Teramo. Occorre fare qualcosa. Io ho delle mie idee, e proverò a spiegarle.

Leo Nodari