E’ da molto tempo che mi arrovello su una domanda: perché l’amministrazione comunale di Teramo tiene tanto all’abbattimento della tribuna del vecchio Comunale? Ogni volta che, dopo il risveglio dall’oblio annoso e dall’incubo della brucchiana (ma con precedenti chiodiani) demolizione di tutto l’impianto (per costruire un teatro e dei condomini), si riparla del progetto di “riqualificazione” dell’area del vecchio Comunale, ritorna, imperiosa, l’idea di abbattere la tribuna.
Con pertinacia, direi con ostinazione. Mi sono chiesto perché, sicuro che agli amministratori non potesse sfuggire la contrarietà della maggior parte dei cittadini e soprattutto degli sportivi. I quali, però, appena sentono parlare di “riqualificazione” sono presi da un entusiasmo così incontenibile che non vedono più nulla, se non un sogno che si realizza, e sono perciò incapaci di capire se, per caso, ci siano qua e là in un progetto di riqualificazione delle insidie nascoste, delle mine pronte ad esplodere. Accadde lo stesso quando arrivò il nuovo stadio di Piano d’Accio, gli sportivi si lasciarono abbagliare e con il loro entusiasmo travolsero tutti e furono travolti al punto di non chiedersi se nella convenzione ci fosse qualche insidia, vale a dire uno sbilanciamento a favore del gestore privato e a sfavore del bene collettivo (se ne sono poi viste le conseguenze).
Io mi sono chiesto se insidie ci fossero in questo dalbertiano magnificato progetto di riqualificazione urbana dell’intera area del vecchio Comunale e subito ho avvertito che l’abbattimento della tribuna non solo non mi piaceva, ma non aveva un movente valido. Perché abbatterla? L’abbattimento della tribuna è stato sempre in cima ai pensieri degli amministratori, dal primo momento fino all’ultimo, il comunicato stampa emesso pochi minuti prima dell’incontro con la stampa avuto da me e da Tonino Valbruni per spiegare la nostra contrarietà all’abbattimento della tribuna. Il comunicato parte da un auto-elogio (che non manca mai), un auto-compiacimento “per aver avviato il percorso di condivisione con la città” sul progetto in questione, per aver ottenuto “una rimodulazione dei fondi del bando delle periferie”, per avere in sostanza conservato fondi per sette milioni di euro. Nel compiacersi, però, e nel dire che si punterà ad una “proposta progettuale partecipata”, pronta ad accogliere le osservazioni fatte dai cittadini, e a recepire le proposte che saranno avanzate, il comunicato mette le mani avanti e ribadisce, quasi come punto vincolante, che COMUNQUE la “riqualificazione” prevederà la salvaguardia di “gran parte della preesistente struttura”, il che, traducendo dal politichese dalbertiano (la limngua di chi non ha il coraggio di parlare chiaro e dire le cose come stanno) vuol dire che non sarà compresa nella salvaguardia la TRIBUNA, di cui si conferma la decisione di abbatterla.
E così io torno a chiedermi il perché. Sono state formulate diverse ipotesi sul perché. Ma io le trovo tutte prive di fondamento. La prima è che si vuole, abbattendo la tribuna, ottenere l’allargamento o il raddrizzamento della curva stradale della Circonvallazione, una volta chiamata di mezzogiorno, e oggi Spalato, per renderla meno pericolosa. Prima obiezione: pericolosa non è. Non sono mai avvenuti incidenti gravi in quella strada, che è tortuosa, perché segue l’andamento delle vecchie mura medievali di Teramo e l’andamento di uno dei due fiumi, il Tordino, che connotano Teramo come città tra i due fiumi. Quella strada è molto più pericolosa più su, andando verso la rotonda di Porta Romana, dove si incontra uno spigolo del vecchio ospedaletto. Allora che si fa? Si abbatte anche quello spigolo per raddrizzare la strada?. E allora si raddrizzerà anche l’altra Circonvallazione, una volta delle Portelle, oggi Ragusa, dove c’è la curva che porta alla Borgata Vezzola? Non scherziamo. Vogliamo raddrizzare davvero le gambe ai cani pensando di farli camminare meglio? Ipotesi numero due: si vuole collegare, abbattendo la tribuna e mettendoci un parco fiorito, il vecchio comunale, ripristinato con l’area del lungofiume: Ma che senso ha? Come si collegano le due aree, se in mezzo resterà sempre una strada? Dunque quale motivo per abbattere? Perché la tribuna è un ricordo del fascismo? Non lo credo, perché la tribuna non è quella di legno, fascista, che venne costruita allora con i soldi della gente, ma una tribuna democristiana, finanziata dalla Cassa di Risparmio, in salde mani democristiane. Allora? Allora mi sta venendo un sospetto, che ho colto in alcune parole dette a mezza bocca da qualcuno nell’incontro con la stampa. Ma è un sospetto che non so quanto sia fondato e vorrei cancellarlo. E’ possibile che, nel chiedere ed ottenere i sette milioni, si sia pianta miseria e gridato che la tribuna è inagibile, insanabile e inguaribile, magari con il supporto di una perizia tecnica di inagibilità, e che si tema di poter perdere il finanziamento se si dovesse smentire quella perizia e decidere di conservare la tribuna perché assolutamente stabile? Non ci credo, non voglio credere che questo possa essere il motivo e, se lo fosse, griderei allo scandalo, e non mi unirei alla voce di chi suggerisse di stare adesso zitti per conservare il finanziamento e poi, un domani, fare come ci pare, e conservare la tribuna. Non mi piacciono i sotterfugi e i sottintesi, non mi piacciono le cose occulte, mi piacciono le cose chiare, altrimenti va a finire come per lo stadio di Piano d’Accio, per il quale fin dall’inizio il rapporto tra comune e gestore privato fu caratterizzato da sottintesi, malintesi, non detti, articoli di convenzione scritti ma mai letti e saputi. Se è questo il motivo per cui vogliono, o dicono di volere, l’abbattimento della tribuna (ripromettendosi poi di non abbatterla, ottenuto il finanziamento) lo si dica. Io sono sempre per la verità. Che è regina. E un’altra verità va detta: che l’amministrazione D’Alberto non può dare la colpa del degrado del vecchio Comunale alle amministrazioni precedenti, perché gli ultimi cinque anni di degrado, che sono stati i peggiori e i più colpevoli, portano la firma dell’amministrazione D’Alberto e l’indegno spettacolo che si vede oggi, frutto di una totale incuria, porta la sua firma, almeno per i cinque anni del suo mandato.
Elso Simone Serpentini