• MCDONALDS
×

Avviso

Non ci sono cétégorie

4_2023_06_05_20230605_094425_00B2E8E7.jpgNovità nell'importante panorama
enologico abruzzese: il Consorzio di Tutela Vini Colline Teramane
Docg confluirà nel Consorzio Vini d'Abruzzo. Lo ha annunciato ad
askanews Enrico Cerulli Irelli, presidente del piccolo ente
consortile che tutela la più importante Denominazione locale, il
Montepulciano d'Abruzzo delle Colline Teramane (unica Docg
regionale fino al 2019 quando fu introdotta Terre Tollesi o
Tullum), che si estende su 172 ettari con una produzione annua di
circa 600mila bottiglie.

"Assieme al Consorzio Vini d'Abruzzo vogliamo creare un nuovo
soggetto che rappresenti l'Abruzzo del vino nella sua interezza"
ha spiegato Cerulli Irelli, che gestisce Tenuta Cerulli Spinozzi
(35 ettari, 100mila bottiglie) ed è alla guida del Consorzio dal
2018, aggiungendo che "naturalmente la Denominazione continuerà
ad esistere ma il nostro piccolo Consorzio sarà sostituito da un
Comitato di Denominazione all'interno del grande Consorzio Vini
d'Abruzzo, nel cui Cda sono rappresentate per Statuto tutte le
Denominazioni tutelate".

A margine di una interessante degustazione di 22 etichette
organizzata dal Consorzio nello Spazio dello chef abruzzese Niko
Romito a Milano, Cerulli Irelli ha precisato che "noi
continueremo a percorrere la nostra strada ma lo faremo con uno
strumento più forte e più funzionale per le nostre Cantine, che
oggi pagano due quote associative e quando partecipano alle tante
manifestazioni internazionali organizzate dal Consorzio vini
d'Abruzzo non possono portare Colline Teramane" ha aggiunto
Cerulli Irelli, sottolineando "che il rischio di perdere la
nostra specificità e identità non si pone se continueremo a
incontrarci e a confrontarci nel Comitato di Denominazione. Certo
- ha concluso - non è stata una decisione facile, ma oggi la vedo
non come una sconfitta ma come una rinascita".

Fondato nel 2003 subito dopo il riconoscimento della Docg (nel
1995 era stata certificata come sottozona), questo piccolo
Consorzio che tutela e promuove anche la Doc Controguerra e l'Igt
Colli Aprutini, riunisce 37 produttori con vigneti che vanno dal
massiccio del Gran Sasso fino all'Adriatico. Un territorio in cui
i primi segni di produzione enoica risalgono ad un paio di secoli
prima di Cristo e che a fine Ottocento contava 170mila ettari di
vigna e una produzione di circa 1,8 milioni di ettolitri. Oltre
il 70% delle aziende qui opera in regimi di qualità certificata
(biologico, biodinamico o lotta integrata) con un Disciplinare
che prevede, tra l'altro, rese non superiori ai 95 quintali per
ettaro (contro i 140 del Montepulciano d'Abruzzo Doc) e obbligo
di vinificazione e imbottigliamento nella zona di produzione.

Non è poco se si pensa che, nonostante i passi avanti compiuti in
direzione della qualità per contenere una quantità storicamente
debordante, ancora oggi oltre il 50% della produzione del totale
del vino abruzzese viene imbottigliata fuori regione da aziende
non abruzzesi. Il Consorzio Vini Abruzzesi dal settembre
dell'anno scorso è presieduto dal titolare di una piccola azienda
privata teramana, il cinquantenne Alessandro Nicodemi di Fattoria
Bruno Nicodemi: una novità importante dato che questa carica era
sempre stata espressione delle cooperative, le principali delle
quali sono le chietine Citra (nata nel 1973, con circa 3mila soci
raggruppati in 9 cantine) e Tollo (nata nel 1960 e con circa 620
soci). Non è l'unica novità recente, dato che nel gennaio scorso
è arrivato il via libera alla proposta del Consorzio di
regolamentare lo stoccaggio dei vini, in modo da gestire i volumi
di prodotto disponibili, con il blocage del 20% di Montepulciano
d'Abruzzo Doc rivendicato nell'annata 2022. Ma soprattutto è
stata approvata la modifica del Disciplinare con l'introduzione
delle menzioni "Superiore" e "Riserva" per le Dop principali e la
nascita di una Igt regionale unica.

L'Abruzzo insomma sta lavorando tanto e nella direzione giusta
(anche sul fronte del turismo, con particolare attenzione a
quello del vino), con la consapevolezza che se l'export continua
a salire (il 70% delle 130 milioni di bottiglie prodotte
all'anno), sono cresciute anche le giacenze e la compravendita
dello sfuso è ancora un mercato economicamente molto rilevante.