Il 3 giugno 2023 si è tenuto l’incontro pubblico relativo alle criticità che caratterizzano la vita delle comunità all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, problemi originati dal vincolismo del parco che a poco a poco rischiano di trasformare il territorio rurale e montano al suo interno in una vera e propria riserva naturale integrale. L’evento si è svolto presso l’aula magna del Liceo artistico del design “Francesco Antonio Grue” di Castelli.
Hanno partecipato l’on. Sergio Berlato, Deputato italiano al Parlamento europeo e presidente Nazionale dell'Associazione per la difesa e la promozione della Cultura Rurale, Pasquale Iannetti, Guida alpina, Maestro di Alpinismo e sci-alpinismo, Michele Corti, presidente dell‘Associazione “Pastoralismo Alpino”, già docente di Zootecnia di Montagna presso l’Università degli Studi di Milano, Lina Maria Calandra, Professore associato di Geografia presso il Dipartimento di Scienze Umane Università degli Studi dell’Aquila, Camillo D'Angelo, sindaco del Comune di Valle Castellana e presidente della Provincia di Teramo.
L’incontro si è aperto con i saluti di benvenuto del presidente dell’associazione Il Faggio, Giovanni Schiappa, che ha passato subito la parola al sindaco di Castelli, il quale, dopo i saluti alla folta platea nella quale erano presenti anche i sindaci di Colledara ed Isola del Gran Sasso, si è complimentato per l’ottima iniziativa ed ha evidenziato come non solo i cinghiali ma tutta la fauna selvatica presente sul territorio comunale, definita “infestante”, rappresenta un enorme problema per i coltivatori e per la sicurezza stradale.
Sempre Giovanni Schiappa, ha presentando nel dettaglio i cinque relatori ed ha esposto le motivazioni che hanno portato all’incontro “Parco: un improrogabile tema etico-sociale”.
Il primo relatore è stato Pasquale Iannetti che, dopo aver fatto il punto sulla questione dei corridoi faunistici e nello specifico sulla preoccupante ed inedita presenza stanziale dell’orso bruno marsicano all’interno del territorio del Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, ha illustrando il contenuto e le dinamiche che hanno caratterizzato il maggiore strumento di cui l’ente parco va dotandosi dopo l’approvazione del Piano del parco (strumento successivo alla perimetrazione ed alla zonazione), ovvero il Regolamento. Documento molto discusso per l’assenza di dibattito con le popolazioni locali, per le tempistiche che lo hanno caratterizzato, e, soprattutto, per l’avversione riguardo le attività antropiche. Iannetti ha concluso con un invito rivolto al presidente D’Angelo, affinché, insieme ai 44 sindaci del territorio Parco, si faccia carico di stilare e promuovere un nuovo regolamento dell’ente Parco.
Secondo intervento della giornata è stato quello dell’onorevole Berlato che partendo dalla legge quadro sulle aree protette, la 394/91, ha illustrato la situazione normativa dei parchi in Italia, focalizzandosi sulla loro sovraordinarietà rispetto ai comuni, alle province, alle regioni, e sul fatto che in Italia i parchi privilegiano più i vincoli che non le opportunità di sviluppo del territorio, arrecando così anche uno svantaggio all’ecosistema, dovuto proprio dall’abbandono da parte di chi lo vive e ne assicura da sempre la manutenzione. Ha spiegato, inoltre, quello che rappresenta uno dei motivi principali delle aree protette in Italia, ovvero il divieto di caccia. Una caratteristica solo italiana visto che non trova riscontro in nessun altro paese europeo, dove la caccia viene vista come strumento utile, spesso indispensabile, per garantire la corretta gestione del patrimonio faunistico, degli habitat naturali e del rapporto con le attività antropiche, iniziando dall’agricoltura, dall’allevamento, dalla pastorizia. Una conseguenza di questa anomalia italiana è ad esempio l’alta percentuale di lupi rispetto ai paesi europei. L’intervento si è concluso illustrando e chiarendo tre questioni principali: la prima i Progetti Life con il loro effetto in Italia, cioè l’incremento dei grandi carnivori e il conseguente abbandono dei territori e delle attività rurali; la seconda relativa alle azioni intraprese dal governo in materia aree protette, ovvero la modifica alla legge 157/92; l’ultima, le proposte presentate in qualità di presidente nazionale ACR, ossia le modifiche sempre alla legge 157/92 e alla legge 394/91, con lo scopo di farle diventare un vero strumento di opportunità ambientali, economiche, sociali, occupazionali.
Il terzo intervento, dal titolo “Parco e abitanti un rapporto difficile”, è stato della professoressa Calandra che ha presentato la ricerca del suo gruppo universitario. Lavoro particolarmente interessante perché focalizzato anche sulla gestione del territorio del Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, ed anche perché condotta attraverso l’elaborazione dei dati raccolti direttamente dalle interviste alle persone che vivono quotidianamente il luogo e non solamente basata sui dati statistici. Dalla ricerca emerge che a trent’anni dalla Legge quadro sulle aree protette, la gestione dei parchi, nei quali è stata condotta la ricerca, risulta connotata dalla mancanza di volontà politico-istituzionale di far funzionare i parchi, dall’incapacità di relazionarsi con la realtà, e pertanto da un deficit democratico.
Quarto conferenziere il professore Michele Corti, dell’Associazione Pastoralismo alpino. Il suo intervento, incentrato sulle politiche della fauna e la cura del territorio, ha dimostrato che la cura dell’ambiente e le azioni di manutenzioni dello stesso, possono essere compatibili con la presenza dell’uomo e delle attività tradizionali e che tutti gli ostacoli che il sistema delle aree protette pone, non da ultimo la proliferazione della fauna selvatica, in special modo i grandi carnivori e le introduzioni di specie estranee (una per tutte il castoro), non solo svantaggiano chi abita questi territori ma anche gli stessi obiettivi di miglioramento della biodiversità e mantenimento del territorio.
Le conclusioni dell’incontro sono state affidate al presidente D’Angelo, che con estrema chiarezza ha posto l’attenzione sulla necessità di tirare una linea e capire una volta per tutte quello che è il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ma anche quello che è stato per trent’anni ad oggi. Ancora una volta l’attenzione è stata focalizzata sulla gestione del parco e le conseguenti ricadute sul territorio, dunque l’eccessiva presenza della fauna selvatica e la sproporzione di diritti tra uomo e selvatico. L’intervento è stato chiuso con una proposta di impegno, ovvero quella di coordinare i sindaci della provincia di Teramo all’interno della zona parco e insieme ad essi lavorare per richiedere una modifica per la nomina del presidente del parco, ed anche una modifica degli organi di gestione. L’obiettivo sarebbe eliminare la Comunità del parco e restituire un consiglio di amministrazione composto da membri eletti tra i sindaci dei comuni del parco.