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«Quando ho sentito parlare per la prima volta dell’evento “il bello resta” ero in classe.
“Bellissima iniziativa, ma non ce la posso proprio fare, lascio che siano gli altri a ricordare Flavia”. Questo il primo pensiero.
Non avevo mai fatto disegni dal vivo. E già questo mi bastava come pretesto per lasciar perdere. Poi in così poco tempo. Che siete matti!
Qualche volta ho provato a pensarci, all’estemporanea. Ma non avevo idee, zero proprio. E quindi il pensiero di partecipare moriva prima ancora di nascere.
A luglio ho seguito un corso, il primo, di pastelli, a Roma, e ho imparato come “velocizzare” i miei lavori. Ma quell’estemporanea la vedevo ancora come una cosa troppo distante e diversa da me.
Poi una sera, a casa da solo, mi sono ritrovato su whatsapp un nuovo messaggio, un link. Il bello resta.
“Ancora tu??”
Ho provato a pensarci di nuovo, e mi è venuta un’idea. Mi è stato suggerito il nome di una pianta, la fireweed. Io che di piante non ne capisco nulla. Eppure quel consiglio mi è sembrato così adatto, ero convinto che avrei potuto tirare fuori qualcosa partendo proprio da lì. Quel nome è stata la svolta. Ho buttato giù una bozza al pc, per vedere se potesse venir fuori un lavoro quantomeno decente.
“Una cosa semplice” mi dicevo. Dovevo trovare qualcosa di realizzabile in poche ore. Ma più lo guardavo e più lo trovavo vuoto. E poco comprensibile. Il messaggio non sarebbe mai arrivato.
E poco dopo ho abbandonato nuovamente l’idea di partecipare.
Non perché non volessi. Non potevo. Flavia meritava qualcosa di importante.
Però io sono decisamente testardo. E allora ho provato giorni dopo a spingermi oltre, a migliorare quel disegno, a buttare giù qualcosa di più simile a quello che faccio. Un po’ semplificato. Spinto da chi mi sostiene da sempre, ma anche mosso da chi invece non perde occasione per criticarmi. Con la consapevolezza che mi sarei potuto complicare la vita da solo.
È stata un po’ una scommessa per me.
Quando ho realizzato quel nuovo bozzetto, lì in quel momento ho capito che avrei preso seriamente in considerazione l’idea di partecipare.
Vorrei soffermarmi un attimo su quella che è poi stata la scelta finale.
Fireweed è il nome di una pianta, che con la sua luce rossa e porpora illumina boschi devastati da incendi. È la prima a ripopolarli, portando una ventata di gioia, nonostante tutto. Nonostante prima fosse rimasto il deserto. Formando una rete ristoratrice, rinnovando il terreno e rendendolo capace di attirare la vita di nuove piante.
Ed è così che ho immaginato Flavia, quella sera, sul divano, davanti al pc. In primo piano lei, come un fireweed appunto, a restituire luce ad un bosco devastato da un incendio, e che grazie a lei riesce a ritrovare la gioia della vita. Ed i fiori che spuntano ai piedi degli alberi come simbolo di questa rinascita.
“Voglio donare alla famiglia di Flavia un disegno che parli di lei, ma dal mio punto di vista”. Esattamente ciò che volevo e che mi aspettavo da questa esperienza. Non chiedevo altro a me stesso.
Sabato sono andato a iscrivermi, con il pensiero fisso “riuscirò a finire in tempo?” che mi ha tenuto compagnia per tutta la serata, o quasi.
E più passava il tempo e più avevo questo timore.
Ma poi, tra le vie di Roseto, ciò che più mi metteva ansia, quella folla, mi ha dato un’ulteriore spinta. Tanta gente che veniva lì a guardare, a commentare, a farmi domande, mi ha incitato a continuare e a finire il disegno.
È stata dura perché tra sputi, i miei,(involontari eh) sul foglio, il lavoro che si stava scollando dalla tavola ed i colori che mancavano, ci sono stati dei momenti che la mia sanità mentale ha un po’ tentennato. C’è stato un momento che volevo mollare tutto.
Ma vedere, tra le altre persone, Giulia e Raffaella, che di tanto in tanto tornavano a vedere i miei progressi, mi ha fatto ricordare il motivo per cui ero lì. E non è stato un tentativo di “arruffianamento” scegliere il suo volto. Il motivo ve l’ho spiegato sopra. E poi è quello che mi riesce meglio, fare ritratti.
E alle 3 in punto, quando sono andato a consegnare il lavoro, lì e in quel momento ho capito che quella è stata la mia vittoria più grande. Non ci credevo nemmeno io, ad un’ora dalla fine.
E da quell’istante invece, oltre a me, dovevano ricredersi anche tutti quelli che non avrebbero mai scommesso sulla mia riuscita.
E quel ritratto, fatto così velocemente, mi aveva lasciato almeno un po’ di soddisfazione.
E allora, felice di aver fatto il mio, sono tornato a casa sereno.
Ieri è stata la serata conclusiva, quella delle premiazioni, unite a spettacoli artistici.
Ero seduto lì, dietro la villa comunale, ripensando alla bellissima esperienza passata il giorno prima.
Di certo avremmo tutti preferito non ci fosse mai stato bisogno di un evento così.
Ma come è stato sottolineato più volte, ieri sera, è stato un onore far parte de “il bello resta”, quel progetto che fino a qualche mese fa non sentivo affatto nelle mie corde.
E poi è arrivato quel momento, inaspettato. Quella scritta sullo schermo “Primo premio”, quei secondi di attesa seguiti dal mio nome, e il mio ritratto proiettato lì sul palco, è stata una delle emozioni più forti del weekend.
Ero lì, insieme alla giuria, ai presentatori e gli altri due artisti premiati, ma onestamente ho capito ben poco di quello che stava accadendo.
Non avrei mai immaginato di vincere, sicuro non il primo premio. C’erano tante opere molto belle, all’estemporanea. E io i miei quadri li vedo sempre meno interessanti degli altri.
Ero stato avvisato in realtà.
“Presentati stasera. Hai vinto uno dei premi”.
“Grazie eh, ne avevo bisogno. Non ero per niente già agitato di mio”
Ma nella piu rosea delle aspettativa avevo cominciato a ipotizzare un terzo posto, di certo non il primo.
Sono fatto così
Quando poi sono sceso ho ringraziato tutti, per come eravamo stati trattati la sera prima.
Organizzazione impeccabile.
E se ho dimenticato qualcuno chiedo scusa
Ma voglio davvero ringraziarli, i ragazzi, perché sono stati meravigliosi, tutti.
“E pensa che neanche volevi partecipare” mi hanno scritto sul cellulare, quando sono tornato al mio posto.
Eh già.
Bisogna aver il coraggio di buttarsi nella vita, che qualcosa di bello capita sempre.
Spero Roseto riesca a riproporre questo evento ogni anno, perché lo meritano tutti. Lo meritano i genitori, Antonio e Raffaella, lo merita la sorella, Giulia, lo meritano tutti gli amici e tutti quelli che hanno lavorato duramente, anche dietro le quinte, per permettere la riuscita di questo bellissimo evento. Lo merita Roseto.
Ma soprattutto lo merita Lei, Flavia.
Perché il bello resta, e deve restare per sempre».
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Lo scrive il vincitore della prima edizione di "Il Bello Resta": Giuseppe Lucantoni di Giulianova, iniziativa questa organizzato dai ragazzi di Roseto Art Lab in collaborazione con l'amministrazione comunale e con tanti amici di Flavia Di Bonaventura, la ragazza di 22 anni che nell'agosto dell'anno scorso è stata investita e uccisa dall'uomo guidata da Davide De Felicibus, 34enne di Atri risultato positivo all'alcoltest, che nel processo di primo grado è stato condannato a sette anni.
In piazza Dante e nelle vie limitrofe si è svolta l'estemporanea di pittura, l'arte preferita di Flavia che studiava all'Accademia di Belle arti di Roma, hanno partecipato circa 100 artisti accompagnati dalla musica e da letture ad alta voce.
L'evento conclusivo sabato, con le premiazioni dei vincitori dell'estemporanea di pittura e del concorso fotografico, si è svolto nel teatro all'aperto della villa comunale.
C'erano i genitori di Flavia, Antonio e Raffaella, il direttore artistico di Roseto Art Lab Bruno Cerasi e i quattro docenti dei laboratori che si sono svolti tra fine giugno e inizio luglio: Andrea Marzii per il fumetto comico, Alessandro Lazzarini per il videomaking, gli esperti di Roseto Art Lab per il podcast e l'attrice Valeria Angelozzi per la recitazione ed era presente anche lo scrittore Antonio Corradi, la ballerina Ilaria Centola.
Un successo coinvolgente chne tutti si augurano continuerà nel tempo.
Foto di Cristiana Quaranta
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