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MortokarlLeggendo sui media della morte di Karl in centro a Milano, sorgono domande. Domande che forse non c’entrano con la morte del giovane Karl. O forse si.

È inaccettabile veder svanire una giovane vita, portata via dalla tecnologia più evoluta.

Eppure, la distanza tra la vita e la morte a volte risiede in pochi secondi. Se quel ragazzo e la sua famiglia avessero tardato o anticipato pochi minuti, non si sarebbero trovati su quella strada in quell’istante. Allora forse l’auto di lusso, impazzita, avrebbe annientato un’altra vita. O forse non avrebbe portato via nessuna vita. 

Una giovane vita è stata tolta all’amore dei cari. Una morte improvvisa, feroce. Una morte a caso. Il caso che governa la vita come il moto dell’universo. Mi tornano in mente le parole di Carlo Rovelli in Sette brevi lezioni di fisica“Ma perché il calore va dalle cose calde alle cose fredde e nn viceversa? Il motivo lo ha trovato il fisico austriaco Ludwig Boltzmann, ed è sorprendentemente semplice: è il caso.” Parole che posso solo intuitivamente attualizzare nel fluire delle percezioni che inducono ad approfondire l’ascolto, sempre e ancora.

Morte e caso non cessano mai di suscitare paura, emozioni forti, reazioni indignate, desideri di giustificazioni Il caso e la morte sono ineludibili, indistricabili fondamenti della nostra vita. Vita che spesso ci pone domande cui non sappiamo rispondere. Possiamo solo continuare a porci domande. Sempre nuove. Sempre più numerose.

Domande apparentemente inconcludenti che portano tutte alla stessa risposta.

Domande che stanno tutte nell’attualità della vita di ciascuno. 

In quel breve lasso di tempo che ciascuno trascorre sulla terra. 

Senza sapere come e quando l’avventura si interromperà. 

Allora mi chiedo se ci siano relazioni di senso tra caso e scelte.

Forse possiamo cercare risposte ponendoci domande che riflettono su questioni urgenti e reali per la moltitudine degli umani. Domande molteplici e annose, che si possono riassumere, sempre, nelle ultime contingenze. Domande di giustificazioni. 

Cosa giustifica la deliberata scelta di pochi, nati per caso in condizioni privilegiate, di ridurre in miseria moltitudini di esseri umani? 

Cosa giustifica il rincaro dei carburanti in questi giorni, se non l’avidità espressa dai produttori; di qualche mese fa la beffa di extraprofitti generati da rincari ingiustificati. Cosa giustifica l’aumento dei tassi d’interesse, se non il desiderio di salvaguardare ridondanti ricchezze; desiderio beffardamente celato con la parolina inflazione. Cosa giustifica i rincari, che creano nuova ricchezza con cui i soliti pochi acquistano bolidi per i propri figli, affogandoli in bolle di vuoto esistenziale, sempre più lontani dall’umanità. 

Meccanismi economici, direbbe qualcuno, tecniche bancarie, esigenze finanziarie risponderebbe qualche professore stregone di misteri appannaggio solo dei pochi adepti.

Ripeto la domanda. Cosa giustifica la deliberata scelta di pochi, nati per caso in condizioni privilegiate, di ridurre in miseria moltitudini di esseri umani? 

Allora forse dobbiamo cercare risposte nell’affrontare gli eventi che non sono casuali, ma che distruggono quotidianamente milioni di esseri umani. Umani delle periferie: periferie delle città, periferie di senso e consapevolezza. Umani che non hanno saputo o voluto stare al gioco perverso della ricchezza sfrenata. Ricchezza autoreferente divenuta ingranaggio mortale della finanza, che scollega definitivamente le capacità di ciascuno dalla possibilità di migliorare la propria esistenza. 

Così ora, progettando l’ingiustificato ma strategico aumento dei costi, rincaro di tassi e carburanti, leadership turpi e viziose, estinguono sogni e giovani vite, di famiglie ricacciate nella miseria, dove nessuna visione è più possibile né ammissibile, perché più urgente è trovare risorse per bisogni basilari. Bisogno di una casa o un ricovero, necessità di nutrire il corpo. Urgenze che ricacciano gli umani nella sola appartenenza alla specie animale. 

Ma in questa circostanza, le giovani vite non sono annientate dal caso che governa la vita come il moto dell’universo. 

Milioni di giovani vite sono annientate dall’avidità di una società, sedicente evoluta, il cui valore prevalente è l’apparenza e la furbizia di rubare la vita altrui. Dove la nobile politica, sinistra o destra che sia, è ridotta a detenere il solo monopolio della coercizione legittima; zerbino dei potenti che legittima mostruosi squilibri sociali crescenti.

Milioni di giovani vite sono annientate da una leadership sempre più becera e ottusa che amabilmente, con rosee sfumature, distrugge la vita dei molti; in una spirale entropica di menzogne e rappresentazioni.

Leadership impazzite distruggono scientemente la vita di esseri umani che, fino a qualche anno fa, erano i reali produttori di tutti quei beni che hanno consentito, alle stesse leadership, di accumulare ricchezze. Cumuli di ricchezze che eccedono ogni possibile relazione con l’umano che abita la terra. Cumuli di ricchezze nelle mani di pochi, da cui debordano come rottami moltitudini di esseri umani ormai, inarrestabilmente, sostituibili dalle tecnologie più evolute. 

Inarrestabilmente perché? Inarrestabilmente per chi? 

Chi ha il diritto di decidere della vita e della morte altrui?

Forse queste mie parole non c’entrano con la morte del giovane Karl. O forse si.

Allora forse troviamo una parvenza di senso solo nel rispetto della nostra e altrui umanità. Forse rimodulare la società sul rispetto dell’umanità renderebbe più accettabile, certo non meno doloroso, ma più accettabile, il caso che ha scelto di portare via la giovane vita di Karl.

MARIA ANTONIETTA FIRMANI