"Per la prima volta abbiamo percepito un senso di abbandono. È forte la mancanza di Marco Pannella a livello nazionale". Con questa dichiarazione, l'avvocato Tommaso Navarra commenta il ritorno dalla visita alla casa circondariale di Castrogno. Dati alla mano, a fronte di 216 agenti di polizia penitenziaria, l'indice di sovraffollamento della struttura supera il 160% della sua capienza massima, con 409 detenuti totali su un massimo regolamentare di 255 posti.
E di questi, ben 252 riscontrano patologie di tipo psichiatrico: un numero preoccupante, ma che aiuta senza dubbio a spiegare sia il clima di tensione che si respira all'interno del carcere, sia gli 86 atti di autolesionismo e i 22 suicidi sventati nell'ultimo anno.
Davanti a un quadro simile, tutti i relatori sono concordi a spendere un plauso di merito eccezionale al personale di servizio che, nonostante le evidenti difficoltà da gestire quotidianamente, non manca di adottare comportamenti di disponibilità e umanità verso i detenuti, denotando una spiccata sensibilità relativa alla realtà vissuta.
Infatti, i problemi di nervosismo riscontrati dalle ultime cronache all'interno degli spazi di Castrogno, derivano in parte anche dalle condizioni stesse della struttura: a disposizione dei detenuti funziona 1 doccia su 3, senza possibilità di miscelare il flusso della temperatura; in alcuni settori, le celle divise da due occupanti misurano solo 9 mt quadrati, i cui servizi sono dotati solo di acqua fredda; in ultimo, per sopravvivere al caldo soffocante dell'estate dentro le pareti di cemento armato, è stato necessario acquistare i ventilatori in maniera autonoma, senza rientrare nelle spese delle casse pubbliche.
È ovvio che si renderebbero necessari rilevanti interventi strutturali, per i quali diverse richieste sono state già inviate negli anni, e a proposito Navarra azzarda "per venire incontro alle nuove esigenze, ci sarebbe bisogno di costruire da zero", mentre, da parte sua, Partito Radicale riconferma la volontà di continuare l'attività di attenzionare la realtà circondariale e sollecitare affinchè non venga dimenticata, piuttosto migliorata.
E l'invito dei partecipanti è unanime: quello di entrare in carcere per vedere e conoscere in prima persona il mondo penitenziario e rendersi conto della complessità alle sue spalle, che a volte concede unicamente 10 minuti di telefonata a una sola persona, riducendo al minimo il colloquio tra i privileggiati fuori e i condannati dentro.
Eugenia Di Giandomenico