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EvasusÈ lui il detenuto evaso da Castrogno. Chiunque l'avvistasse chiami immediatamente le forze del'ordine. Si chiama Roland Dedja, è albanese e ha prevedenti per rapina e stupefacenti. Sono concentrate soprattutto sul litorale le ricerche del detenuto albanese fuggito dal carcere di Teramo. Le ipotesi degli investigatori sono che Dedja Roland sia in uno dei centri rivieraschi laddove possa prendere un mezzo per attraversare l'Adriatico in direzione est. Sono state allertate le capitanerie di porto e il raggio d'azione delle ricerche va da Ancona al sud dell'Abruzzo.

Tredici anni dopo la prima a Pisa, nuova evasione dal carcere - questa volta quello di Teramo - per Roland Dedja, 39enne albanese in attesa di giudizio in un procedimento presso la procura di Bologna per sequestro di persona ed associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Protestano i sindacati della polizia penitenziaria: "è l'ennesimo episodio che mette a nudo il fallimento totale di carceri colabrodo che non assolvono minimamente alla loro funzione", dice Gennarino De Fazio, segretario generale Uilpa.
Secondo quanto ricostruito, Dedja nella notte si è calato con
una grossa corda, simile a quella che usano i rocciatori, dalla
finestra del bagno della sua cella, da cui aveva rimosso una
parte della grata delle sbarre. Per ingannare i poliziotti
penitenziari, l'uomo, che non aveva nessun compagno di
detenzione, aveva simulato la presenza di una persona sulla sua
branda, che sembrava coperta sino alla testa. Qualcuno ipotizza
l'aiuto di un drone per la consegna dell'attrezzatura utile alla
fuga. Secondo un'altra versione, la corda sarebbe stata fornita
da un complice all'esterno legandola ad un lenzuolo che l'uomo
aveva calato fuori dalla finestra. Per il segretario del
sindacato Spp, Aldo Di Giacomo, non sarebbero state funzionanti
le telecamere di sorveglianza sul muro di cinta, a causa di
lavori in corso.
E l'albanese non è nuovo alle evasioni. Era già fuggito nel
luglio del 2010 dal carcere di Pisa dove scontava una pena per
l'omicidio di un connazionale all'esterno di un locale notturno
a Brescia (due anni dopo fu assolto). Quella notte, insieme ad
un altro detenuto, si calò dal muro di cinta utilizzando le
classiche lenzuola annodate. Una volta fuori dall'istituto i due
fermarono una passante nelle strade adiacenti rubandole l'auto e
svanendo nel nulla. Nemmeno due mesi dopo, però, Dedja e il suo
compagno di fuga, Bledar Shehu, erano stati rintracciati ed
arrestati dai Carabinieri a Porto Recanati (Macerata).
"Se fosse confermata la versione che vede l'utilizzo di un
drone per l'evasione di questa notte - dichiara Mirko Manna,
nazionale Fp Cgil Polizia Penitenziaria - ci troveremmo di
fronte ancora una volta alla prova evidente del ritardo
tecnologico con cui la Polizia penitenziaria è costretta a
lavorare per garantire la sicurezza delle carceri. Il mix
devastante di carenza di personale e mancato adeguamento delle
tecnologie sta creando un confronto impari tra chi ha commesso
reati e la Polizia penitenziaria che ha il compito di garantire
l'espiazione delle pene più gravi nelle carceri". Il Sappe
definisce quella di Teramo un' "evasione annunciata" visto che
"la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da
provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime
aperto, l'aver tolto le sentinelle della Polizia penitenziaria
di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza
in organico di poliziotti penitenziari, il mancato finanziamento
per i sistemi antintrusione e anti-scavalcamento che spesso non
funzionano".