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di Chiara Materazzo

Nelle sale del Cinema Smeraldo di Teramo, fino al 4 Ottobre 2023, è possibile vedere l’ultimo film del regista Matteo Garrone, già noto al grande pubblico come autore di film tra cui “L’imbalsamatore”, “Gomorra” (da cui è stata tratta la fortunata serie su Sky), Dogman, Pinocchio, e conosciuto fin dai primi cortometraggi, che personalmente ho apprezzato molto, su storie di immigrazione a Roma. Da lì riparte il regista romano nel suo ultimo lavoro “Io Capitano”, vincitore del Leone d’argento-premio per la miglior regia alla mostra del cinema di Venezia 2023. Ma la trama del film non è solo una storia di immigrazione, di stanziamento di persone provenienti dall’ estero in cerca di migliori condizioni di vita. E’ anzitutto la narrazione di un viaggio, una sorta di poema contemporaneo di transizione che racconta la crescita personale del protagonista, Seydou, un ragazzo sedicenne senegalese e la condizione collettiva di una realtà umana globale difficile e crudele. Il film, partito in sordina, narra del desiderio del protagonista e di suo cugino Moussa di una situazione migliore, fuorviato ingenuamente da modelli telematici e di massa che celano le difficoltà enormi e i pericoli insidiosi di un cambio radicale di realtà. I due ragazzi, magistralmente interpretati dagli attori Seydou Sarr e Moustapha Fall intraprendono un cammino verso un’ipotetica salvezza, spinti dall’incoscienza e dalla caparbietà tipica della loro età anagrafica, ma si scontrano presto con la vita reale, il dolore, la fatica, le sevizie, il ricatto, il distacco, l’ignoto, in una parola la responsabilità, attraversando geograficamente la rotta dal deserto del Sahara al Mediterraneo E’ in fondo quello che accade nella favola di Pinocchio, un’odissea di incontri, pericoli, tentazioni, crescita. E’ all’incirca alla metà del lungometraggio che il film va in crescendo e si palesa la maturazione del protagonista che da esile e gregario diviene capitano. Magistrale la scena finale in cui Seydou baratta i pochi soldi rimastigli per completare il viaggio in Italia dalla Libia all’unica condizione possibile, che sia lui a guidare la nave, che sia lui a compiere il miracolo della salvezza di decine di profughi o a decidere in maniera dirimente la loro morte probabile, che sia lui a scegliere di volerci provare. Il viaggio in mare è un alternarsi del giorno e della notte, una suspence che cresce nello spettatore, una straziante condizione di brutalità a cui l’uomo è portato quando non ha più nulla da perdere, fino al bellissimo piano sequenza finale, quando il ragazzo porta tutti in salvo al grido di “Io Capitano”, ripetuto più e più volte su un viso divenuto adulto, sofferente e consapevole.