Ha patteggiato la pena di un anno e 4 mesi, Bruno Di Domizio, l’informatore scientifico rappresentante di una società farmaceutica che produceva materiale utilizzato nel reparto di Radiologia interventistica del Mazzini. Era accusato di aver creato, con la complicità di medici e infermieri, un sistema di truffe e falsi che, in due anni, 2016 al 2018, avrebbe portato la Asl a pagate dispositivi medici che costavano tra 500 e 12mila euro l’uno, perché erano stati impiantati in pazienti operati. Il problema, è che ….non era successo. Tantissimi soldi, più di 300 mila euro, pagati dunque “a vuoto” dalla Sanità teramana. A far scattare l’indagine, fu la segnalazione dell'ufficio antifrode e anticorruzione della Asl, poi divenuta una denuncia firmata dallo scomparso direttore generale Roberto Fagnano e dall’allora direttore amministrativo Maurizio Di Giosia oggi direttore generale. Certo, Di Domizio non poteva agire da solo, e infatti è stata condannata con rito abbreviato, sempre ad un anno e 4 mesi, il tecnico di reparto Tiziana Di Natale, che era l’addetta alla certificazione dell’utilizzo dei materiali. Resta da chiarire se, nella vicenda, abbia avuto un ruolo il primario del reparto, che all’epoca dei fatti era il dottor Vincenzo Di Egidio, oggi primario a Pescara, e che ieri è stato rinviato a giudizio. Dovrà dunque dimostrare in aula la sua estraneità alla truffa. Va detto che, nelle fasi processuali che hanno interessato l’informatore medico e il tecnico condannati, non sarebbe mai emerso un tornaconto economico per il primario, che si è sempre professato estraneo a questo scandalo sanitario, come lo ha definito il sostituto procuratore Giovagnoni.