Teramo era l’ultima città del Regno Borbonico, prima del confine con la Marca Ascolana papale. Resiste un’eredità culturale scolpita nei burocratismi farraginosi. Questa è la storia di una donna teramana che voleva investire i 100 mila euro di un’eredità in Btp. Una storia finita sulle cronache nazionali e sulla prima pagine de Il Fatto quotidiano. Una storia che merita di essere raccontata anche sulle nostre pagine web.
Quei soldi, avevano dormito per anni su un Buono Postale a rendimento quasi nullo, così la prospettiva dei Btp al 4,10% era fin troppo allettante. Alle vigilia dell’apertura del collocamento, la donna teramana ha preso appuntamento con la consulente postale e, come concordato, martedì si è presentata al box delle Poste Centrali teramane.
Era l’inizio del viaggio nel paradosso.
La consulente, infatti, con un fare a tratti sconcertante, non solo non le fa comprare i Btp, ma li sconsiglia: «Meglio diversificare - dice - 50 mila in Btp e 50 mila in una polizza vita postale».
La teramana insiste sui Btp, ma l’operatrice rompe gli argini, e rivela un mistero arcano: «Non posso fare l’operazione, perché per una serie di regole europee non sarebbe accettata, perché non vogliono che si concentrino gli investimenti su un unico prodotto».
La teramana prova a ribadire che i soldi sono i suoi, e che dell’uso che vuole farne all’Europa non dovrebbe interessare, ma la consulente postale è irremovibile e sfodera la prova regina: «Siamo riusciti a collocare 120 mila di Btp per un cliente, ma solo perché ha investimenti per oltre 2 milioni».
Ma come, i Btp non erano, come dice il Mef “…riservati unicamente ai piccoli risparmiatori…”.
Piccoli, si intende dai due milioni in su?
Quindi, a Teramo, se vuoi investire in buoni del tesoro, devi essere già ricco di tuo.
Com’è che si dice? «L’acqua va a lu mare…»
La consulente chiude con un «..così è, mi dispiace».
Quindi, che si fa?
Una soluzione c’è, ed è classicamente italiana: «Prenda i soldi e vada in Banca, lì sicuramente potranno risolvere».
Prenda i soldi significa, però, passare prima allo sportello, con 12 persone in fila, per farsi fare un assegno circolare da 100mila euro.
Con quello nel portafoglio, la teramana va in banca e ricomincia la trafila.
Con una variante: stavolta il problema non è l’Europa, che non vuole farle investire i suoi soldi, ma la tempistica bancaria: «Se versa l’assegno, anche se è un circolare, ci vuole comunque almeno un giorno - spiega il cassiere - e c’è il rischio che lo Stato decida di chiudere prima il collocamento dei Btp…».
Quindi, che si fa?
Una soluzione c’è: «Torni alle Poste, si faccia fare un bonifico sul conto bancario, così procediamo …».
La teramana si arma di pazienza e torna alle Poste centrali.
Nuova fila, stavolta da 14 persone, e nuovo problema: «Non possiamo fare il bonifico, perché qui lei aveva un libretto di deposito e non un conto, se vuole possiamo aprire il conto, ma sarà operativo da domani…».
Quindi, che si fa?
E qui si entra nel surreale, perché la soluzione, nell’epoca della digitalizzazione totale, delle app e dell’intelligenza artificiale, va oltre l’incredibile: «Li prenda in contanti».
Centomila euro in contanti?
Sì, centomila euro in contanti.
E non è finita, perché è giorno di pagamento delle pensioni, e i soldi servono per gli anziani in fila, visto che in provincia sopravvive l’usanza di andarseli a prendere cash, ogni mese.
Quindi, che si fa?
Bisogna aspettare che arrivi il portavalori, che consegna centomila euro in pezzi da venti e cinquanta, in un bustone, col quale la teramana va, da sola, in Banca.
Il tratto da via Paladini a piazza Martiiri, Unicredit, è breve, ma girare con centomila euro in contanti è comunque un rischio.
Quando arriva in banca, il cassiere resta incredulo e, mentre riconta le mazzette sibila sottovoce “…adesso c’è da fare l’antiriciclaggio…”.