«Alla violenza dei singoli come a quella delle classi privilegiate bisogna contrapporre la violenza, tutta la violenza annientatrice del popolo.»*
BERTOLT BRECHT (1898-1956)
È inutile negarlo: il pacifismo nell’ultimo anno è tornato di gran moda. Tutti hanno una parola di pace da dire. Tutti si scagliano (che non è poi un verbo così pacifico) contro la guerra. Tutti siamo contro la guerra pur facendola ogni giorno anche giusto per tirare a campare. Persino per un parcheggio siamo pronti a entrare in guerra. E per la difesa dei cani, dei gatti, e dei piccioni viaggiatori.
Difesa?
In questi vecchi giorni di tregenda molto spesso mi è capitato di leggere citazioni di stampo pacifista, piccole frasi attribuite qua e là a grandi poeti morti e sepolti che si credono siano stati pacifisti, evidentemente ignorandone totalmente l’opera e il pensiero.
Quella del pacifista di solito è una idea di società che si manifesta in luoghi ben riparati dalla guerra, quella vera, quella delle bombe che all’improvviso ti sfondano il tetto di casa; o quella dove te ne stavi bello bello a ballare all’aperto insieme a ragazzi e ragazze di mezzo mondo, che qualche birra e qualche canna e qualche scopata (che vuol dire fare sesso) te le eri pure fatte, che a un certo punto cade dal cielo qualcuno che ti vuole massacrare solo perché te ne stavi lì bello bello a ballare a bere e a scopare, che non si fa mica.
Ecco, le citazioni più alla cazzo di cane (che vuol dire cosa fattacon troppa foga, senza tanto ragionare, senza verificare attentamente, senza sapere davvero quello che si va citando) che mi sono capitate di leggere in rete sono quelle attribuite al grande poeta tedesco Bertolt Brecht, richiamando la presunta Lezione di un suo dettato, didattico pacifismo espresso in tutta la sua opera.
Beh, Brecht non era affatto pacifista. Era contro la guerra, come tutti, che non vuol dire affatto essere pacifista. Infatti, sosteneva fermamente il diritto alla guerra di difesa. Del resto era un marxista. Un realista tutto d’un pezzo, che certo non credeva nelle favole, che difatti non ne ha mai scritte di favole. Perciò sosteneva che il nazismo, il fascismo anzi, si potesse sconfiggere solo con una violenza superiore a quella che si aveva davanti, letteralmente; quindi con tutta la violenza di cui era capace il popolo aggredito. E non era pacifista perché nessuna posizione ideologica può permettersi il lusso dell’utopia pacifista. Certo a Brecht la sorte ha risparmiato di sapere di cosa fosse realmente fatto il socialismo, il comunismo anzi, in Unione Sovietica.
Certo, è facile essere pacifista senza sapere quello che si dice. È facile essere pacifista lontani dalla striscia di Gaza da dove negli ultimi cinquant’anni volano missili a casaccio verso lo stato di Israele; o dalla Cisgiordania, dove negli ultimi cinquant’anni qualcuno si fa saltare per aria mentre sei al mercato a comprare aglio e cipolla, oppure ti accoltella che stai a prendere i pomodori e quello che comincia a scorre non è più il succo del pomodoro.
E tutto questo avviene perché dei potenti sanno che rimarranno al potere solo se convinco i ceti più disagiati del proprio popolo che è nel nome di Allāh che si devono fare saltare per aria o accoltellarti mentre sei lì alle prese con aglio cipolla e pomodori per fare il sugo per l’ora di pranzo, un buon sugo contadino, quando invece non c’è proprio nulla di religioso (che vuol dire di vicino a Dio) nel farsi dilaniare il corpo o nell’usare la propria mano per infilzare una lama nel corpo di un altro uomo.
Ecco, mi fa schifo (che vuol dire avere ribrezzo di qualcosa o di qualcuno, che è il caso di specie) chi in questi giorni in Italia allacazzo di cane (e ho già spiegato che vuol dire) ha giustificato l’azione di Hamas, e questi sono i pacifisti.
Si predica il pacifismo quando invece dentro le nostre case facciamo le peggiori guerre.
Eh, ma è la moda che ci veste.
MASSIMO RIDOLFI