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enzocaporaleHo avuto modo di vedere l’immagine di mio padre esposta su una parete, di una non meglio precisata stanza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo, in occasione della presentazione di una delle recenti sagre ludico-spettacolari che lo stesso istituto organizza, per promuovere la propria immagine di ente...” tecnico-scientifico”.

L’esposizione dell’immagine di mio padre, Giuseppe Caporale su quella parete, è una forma di vergognosa ipocrisia, visto che l’attuale gestione dell’ente ha cancellato il suo nome dal logo dell’istituto e da qualunque altro luogo esso fosse visibile. Trovo anzi strano che non abbia promosso anche un’azione, con i soliti noti riferimenti istituzionali e politici locali e regionaliper rimuovere “l’odiato cognome” dalla denominazione dell’istituto: magari lo farà a breve! Sarebbe in realtà un bene se ciò accadesse e spero che i presidenti dell’Abruzzo e del Molise, che leggono per conoscenza, vorranno riflettere sull’opportunità di rimuovere il nome “Giuseppe Caporale” dalla denominazione dell’Istituto. L’attuale visione coloniale filo-americana dell’apparire e del pensiero unico “one health” - nel nostro idioma: salute unica - di coloro che governano e gestiscono l’ente è, infatti, ormai lontana anni luce dal suo magistero, dalla cultura italiana di sanità pubblica veterinaria di cui è stato maestro e dalla sua idea di Istituto Zooprofilattico Sperimentale “ente tecnico-scientifico erogatore di servizi” e generatore di conoscenza. 

Trovo anche inaccettabile vedere su quella stessa parete l’immagine di mia moglie Rossella Lelli e la mia. L’esposizione delle nostre fotografie, peraltro, accanto a quella di colui che era il rappresentante legale dell’ente, al momento in cui lo stesso istituto, tramite i propri organi, ha presentato una denuncia all’autorità giudiziaria, accusandoci di truffa nei propri confronti, ha il sapore di una beffa ignobile e odiosa. 

Rappresentante legale che, con apposita lettera protocollata e raccomandata, mi ha vietato, al momento del mio pensionamento, l’accesso all’istituto, che avevo servito per tutta la vita e in cui, peraltro, ero cresciuto dall’età di tre anni. Un pensionamento che lo stesso soggetto aveva voluto fosse imposto d’ufficio e attualizzato con un atto sin dall’inizio contestato nel merito e in quanto falso in atto pubblico.Pensionamento d’ufficio stranamente coincidente con l’apertura di un’indagine da me voluta su una probabile truffa perpetrata da un dipendente, noto personaggio pubblicoai danni dell’ente e dell’INPS. Truffaresa possibile dalla colpevole ignavia degli addetti ai controlli e finita, ovviamente nel nulla, nonostante la doverosa segnalazioneal già menzionato e alla magistratura.

Le denunce, che sono state accompagnate da vergognose campagne di stampa, promosse anche dall’ente e lesive della nostra immagine a livello locale, nazionale e internazionale, hanno comportato dieci anni di processi - un vero e proprio accanimento giudiziario – conclusi sempre, ovviamente, con le più piene delle assoluzioni. Un ente, che avesse un minimo di decenza, dignità e rispetto umano avrebbe dovuto e dovrebbe sentire il dovere istituzionale, morale ed umano di fare, tramite i suoi rappresentanti, quanto meno, ammenda e presentare le proprie scuse, fossero esse private o meglio ancora pubbliche, per i danni arrecatici dalle sue malvage e sconsiderate denunce, dalla malafede dei suoi organi dell’ente e dalle azioni di alcuni suoi dipendenti. Questo non è mai accaduto, ma, stranamente, la nostra immagine, appare affissa su una parete dell’ente in occasione di una conferenza stampa.

I mancati inviti allo sconcertante spettacolo della “posa della prima pietra” della “nuova” sede, secondo un progetto da me concepito e che ne ha permesso il finanziamento o alla fantasmagorica sagra paesana per i festeggiamenti del 75° anno della fondazione non mi hanno offeso. Mi hanno, piuttosto, salvato da situazioni di inevitabile imbarazzo, al cospetto di cotanta grossolanità, francamente aliena all’istituto diretto per 52 di quei 75 anni di vita, da membri della mia famiglia, in quanto vincitori di concorsi pubblici a carattere nazionale. Trovo però che l’esposizione delle immagini di mio padre, di mia moglie e mia su una parete dello stesso istituto, con intenti di apparente riconoscimento, a fronte di tante concrete testimonianze di odioso negazionismo e arrogante mancanza di rispetto, rappresenti un’onta insopportabile, che ferisce la dignità e i sentimenti di mia moglie e miei personali. 

Chiedo, pertanto, che le immagini, quella di mio padre in primis, siano tolte dalla parata dei personaggi affissi sul muro e che non siano più usate in qualsivoglia circostanza, nel rispetto del nostro diritto di non voler associare mai più e in alcun modo o circostanza i nostri nomi e le nostre immagini a quelle dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo che nulla ha più a che vedere con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” che abbiamo servito e amato per tutta la nostra vita.