La lettera che Pier Paolo Pasolini scrisse nel 1971 a Patrizia, la fidanzata e futura sposa e moglie e madre dei figli di NinettoDavoli, ci mostra l’umanità dell’uomo, le sue intere fragilità, la sua incompiutezza, la propria inadempienza, ora come allora.
Non era certo un segreto l’amore che oggi scopre quella lettera pubblicata dal portale Città Pasolini il 27 ottobre scorso (link: https://bit.ly/47tLbvE). Ed è una lettera impacciata, da uomo e non da poeta, quella che il poeta scrisse. Ed è una lettera impaurita dalla solitudine, perché Pasolini era un uomo solo, in solitaria, sempre contrario alla corrente, sempre nuovo, inatteso, incompreso, odiato dai fascisti perché era un pederasta, e odiato dai comunisti perché era un pederasta: non prese più la tessera del P.C.I. dopo i fatti di Ramuscello, avvenuti il 29 agosto 1949, che portarono alla sua espulsione dal partito; fatti che Pasolini non negò mai, che accettò, ancora giovane, essere parte della sua propria natura: «Non posso e non voglio negare» disse. Ed è una lettera odiata dal fascismo rosso e nero perché dice quel che il cuore pensa, senza calcolo delle convenienze. Ed è una lettera vera, privata, che non mirava ad alcuna pubblicazione, come invece sono fatti troppi epistolari tanto in voga, tutti scritti con la puntuale attesa della pubblicazione quindi ideologicamente falsi.
Pier Paolo Pasolini amava NinettoDavoli e si sentì perduto non dal suo etero innamoramento ma dalla promessa di matrimonio fatta a Patrizia da Ninetto. E Pasolini fu il primo a saperlo. E si vide perduto. Null’altro che l’amore giustificava la presenza di Ninetto nella vita e nell’opera del poeta, "Er Ricetto", e a una distanza di quasi cinquant’anni dalla sua morte, credo che si possa cominciare a togliersi quella patina di ipocrisia che certuni indossano a cura, credono loro, della memoria del poeta, facendogli invece un torto molto più grande dell’offesa.
Non ci fu tragedia. Ninetto chiamò il suo primo figlio Pier Paolo, e continuarono ad amarsi in altre forme, meno ossessive, più famigliari, domestiche. Anche se il loro fu un amore invero tutto platonico, che per Pasolini bastava Ninetto saperlo vicino abbastanza da allontanare la sua propria solitudine: fu proprio Ninetto chiamato a riconoscere il corpo lacerato, non più vita, del poeta dopo il suo brutale assassinio all’idroscalo di Ostia: ancora oggi, lì, alberga silenzioso l’orrore di quella notte, anche in pieno giorno: andatelo a sentire quell’orrore e il suo silenzio, è ancora intatto!
Pier Paolo Pasolini era innanzitutto un uomo fragile e spaventato dalla solitudine. Ed era un uomo infinitamente buono.
Si smetta una volta per tutte in questo Paese di continuare ad assassinare un uomo buono.
Pier Paolo Pasolini non ce lo meriteremo mai abbastanza.
Prima che poeti, prima di tutto, si è uomini.
MASSIMO RIDOLFI
Ph.: Nella foto, da sinistra, NinettoDavoli, Pier Paolo Pasolini, il piccolo Libero e suo padre Pasquale Limoncelli, in occasione della riunione della Giuria del Premio Mazzacurati, alla quale parteciparono anche Carlo Levi e Valerio Zurlini, Alba Adriatica, Teramo, 28 giugno 1970, per gentile concessione di Pasquale Limoncelli, amico del poeta.