Per tre notti, non ho dormito.
Da quando ho saputo dell’annullamento delle elezioni di Atri, il sonno ha ceduto il passo al tarlo di un pensiero costante, che rischiava di diventare un’ossessione.
Che poi, più che un pensiero, era una domanda: che ballo balla la scheda ballerina di Atri?
Per ore mi sono chiesto se, nel segreto del seggio numero 7, la scheda avesse danzato sulle note di un elegante valzer “sul bel tagliando blu”, o di una scatenata rumba elettorale, se non di una variopinta samba della preferenza.
O magari era il cha cha cha della scrutatrice?
Poi, ho capito.
L’ho capito lì, in piazza, ad Atri, durante quella sorta di inadeguato comizio spacciato per conferenza stampa: se si convocano i giornalisti, si parla coi giornalisti e per i giornalisti… non si mistifica, inscenando poi una recita a soggetto con tanto di claque e applausi, addirittura contestando la stampa, rea di non aver diffuso un non meglio precisato video qualche mese fa.
Lì, in quella passerella tronfia da vincitori del nulla (perché in questa storia, per ora, nessuno ha vinto, ma di certo ha perso la gente di Atri) ho capito quale ballo avesse ballato quella scheda ballerina.
Era un tango.
Quello che Jorge Luis Borges definiva “…un pensiero triste che si balla”.
E Borges se ne intendeva di tango.
E anche di politica, visto che si definiva “antiperonista, anticomunista, antifascista”.
E di tristezza, perché ne aveva vista tanta.
Il tango triste ballato ad Atri, in realtà, non l’ha ballato quella scheda, e aggiungo subito che non credo affatto che ci sia stata una scheda ballerina, così come sono per istinto portato a pensare che non ci sia stato alcun broglio né imbroglio.
Ma di questo, si occuperà la magistratura.
Io voglio occuparmi della tristezza.
Dell’infinita tristezza politica (e anche un po’ umana), offerta alla storia atriana e teramana dalla - ripeto - inadeguata conferenza / comizio organizzata in piazza dalla “sinistra”.
Sono cresciuto in terre toscane, in contrade amministrate dalla sinistra costruita sui valori, sui confronti e sui valori dei confronti, che nulla aveva di somigliante a quella forcaiola che, sulla piazza di Atri, ho ascoltato sentenziare su un caso che, nella mia percezione, presenta tanti, troppi errori… per essere un broglio.
Lo dicono i numeri, quelli di quella sezione 7 nella quale il Consiglio di Stato ipotizza (si noti il verbo), la possibilità di una scheda “ballerina”, cioè di una scheda vidimata e già votata, consegnata magari in un bar (o chissà dove) ad un elettore, che poi avrebbe dovuto scambiarla in cabina, riportando al bar (o chissà dove) quella “vergine”.
Storie già viste, ma di un’Italia diversa, che non somiglia ad Atri.
Di un’Italia nella quale i Consigli Comunali li sciolgono per mafia o camorra.
Non è l’Italia di Atri.
Quella di Atri, è l’Italia nella quale si è sublimato, nell’evidenza dei numeri incontestabili, il declino di un centrosinistra che, dopo aver cercato improbabili aperture pentastellate o radical chic, si ritrova ad affrontare una devastante crisi di identità, mentre soffia sempre più forte, in tutta Europa, un vento di destra, che restituisce alle popolazioni una percezione di appartenenza.
Ma avevo detto che avrei parlato di numeri.
Eccoli.
Cinque anni fa, Piergiorgio Ferretti divenne Sindaco di Atri con 2943 voti. .
Le liste concorrenti, ovvero Prima di Atri col candidato Sindaco Giuliani, Atri Civica col candidato Sindaco Marcone e i Cinque Stelle, col candidato Sindaco Concetti, raccolsero in totale 3720 voti.
I numeri, non dicono mai bugie.
Se le tre liste si fossero presentate insieme, avrebbero vinto.
L’hanno fatto quest’anno.
Con quella grande “Alleanza Civica”, presentata così: «…la lista rappresenta il massimo sforzo e l’esperienza mai vissuta nella città e vuole porre fine agli atteggiamenti pessimistici e disarmanti, all’arroccamento, al notabilato e ai paternalismi».
Hanno preso 3088 voti, ovvero 632 meno di dieci anni fa.
Cioè il 17% in meno.
Ma, soprattutto, ne hanno presi 11 meno di Ferretti, che invece ne ha presi 156 in più rispetto a cinque anni prima.
Cioè un 6% in più.
Non sarà moltissimo, forse, ma valeva la riconferma.
Tra questi numeri, non avverto il rumore dei passi di danza di schede euforiche, ma la struggente melodia del tango tristissimo di un centrosinistra che, incapace ormai di farsi interprete dei bisogni veri del popolo e della gente in difficoltà, si rifugia nei sommari processi di piazza, spargendo demagogia a piene mani (il passaggio sugli opinionisti "che creano solo fumo negli occhi" era da censura sovietica) al solo scopo di lucrare un quarto d’ora di notorietà, con una finta conferenza stampa / vero comizio, nella quale parlando “cela il desiderio che sian presi sul serio…” per dirla col Maestrone, che di sinistra era ed è per davvero.
Un - e mi ripeto per la terza volta - inadeguato comizio di piazza, condito da un corollario di gag ad uso e consumo di un lampo di magnesio o di una diretta social.
Come il comunicato del Pd di Atri, che “…precisa che i rappresentanti (consiglieri e segretario) del PD atriano non hanno partecipato per improrogabili impegni di lavoro…” anche se m’è sembrato di scorgere in piazza il consigliere PD Giuliani
, ma chissà, magari era un sosia. Pare ce ne siano sette per ognuno di noi, no?
Per non parlare del segretario regionale di Rifondazione, Marco Fars, impegnato in piazza in un teatrino della scheda ballerina, per spiegare ai partecipanti al comizio il metodo del “bieco imbroglio” che avrebbe condizionato le elezioni di Atri.
In fondo, tradizione vuole che il tango sia figurato, poco importa se non si vesta di figure, ma di figuracce.
La politica di opposizione ad Atri, con quella conferenza stampa - ribadisco nuovamente - inadeguato comizio, ha perso l’occasione di dimostrarsi all’altezza del momento storico, preferendo buttarla in caciara.
Sarà la magistratura ad accertare il “se”, il “chi” e il “come”.
Poi, verranno nuove elezioni e leggeremo nuovi numeri, che segneranno l’inizio di una nuova storia.
Nell’attesa, resta doveroso tenere bene a mente il numero tra tutti più doloroso: 50mila.
E’ il costo, approssimato per difetto, di una tornata elettorale ad Atri.
Soldi nostri.
Otto mesi fa, spesi inutilmente.
E questo non è atriano.
E’ atroce.
ADAMO