Questa è una storia triste. Di burocrazia e di solidarietà.
Di burocrazia vincente e di solidarietà perdente.
Di burocrazia che impone e di solidarietà che subisce.
Della burocrazia che consente al dirigente scolastico di una scuola teramana la possibilità di negare le lezioni a due ragazzi diversamente abili, e della solidarietà che non riesce a riportare quei due ragazzi in classe.
Questa è la storia di Cristian ed Edoardo.
Ed è una storia triste.
I due ragazzi, infatti, sono ben inseriti da alcuni anni in una struttura scolastica, a Villa Vomano, ma all’inizio dell’attuale anno scolastico, hanno trovato l’ingresso sbarrato dal nuovo dirigente, Candeloro Di Biagio, il quale, in virtù di una serie di cavilli burocratici, ha comunicato alle famiglie che i due ragazzi non avrebbero potuto frequentare le lezioni quest’anno.
Il motivo?
Il parere negativo del Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione.
Formalmente, nulla da eccepire.
E invece… quel parere è in realtà un concentrato di spunti di curiosità, tanto che sarà probabilmente oggetto di un esposto alla Procura.
Incuriosisce, infatti, il fatto che il nome dell’ingegnere che l’ha redatto sia scritto in due modi diversi, nel testo e nella firma.
Incuriosisce il fatto che il tecnico dal cognome variabile scriva che “manca la copertura assicurativa” che, così a spanne, non è una giustificazione, ma un atto d’accusa proprio contro chi dovrebbe stipulare quell’assicurazione, ovvero il dirigente scolastico.
Incuriosisce il fatto che il tecnico dal cognome variabile verbalizzi “il mancato rispetto della normativa vigente sulla sicurezza” che, sempre a spanne, è un atto d’accusa ancora più grave, contro chi dovrebbe garantire quel rispetto, ovvero il dirigente scolastico.
Incuriosisce, soprattutto, che quel parere del Rspp sia datato 26 ottobre, cioè un mese dopo la scuola negata ai due ragazzi e, soprattutto, una settimana dopo la richiesta di accesso agli atti di una delle famiglie.
Le stesse famiglie che, dopo un momento di generale sconcerto e un tentativo di dialogo, purtroppo infruttuoso, hanno deciso di affrontare le non trascurabili spese economiche di un ricorso al Tar.
Due settimane fa, il Tribunale Amministrativo Regionale d’Abruzzo ha ordinato all’istituzione scolastica di far tornare i due ragazzi a scuola.
Anche in virtù della sentenza della Corte Costituzionale che ha affermato come il «…diritto del disabile all'istruzione si configura come un diritto fondamentale e la sua fruizione è assicurata attraverso misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti d’istruzione…».
Tutto risolto?
No, purtroppo no.
«Alla lettura dell’ordinanza, come genitori abbiamo avuto immediatamente la preoccupazione che sarebbe iniziata la tipica melina burocratica di chi non vuole assumere decisioni e che galleggia nel burocratese - spiegano i familiari di uno dei ragazzi - la preoccupazione si è trasformata purtroppo in realtà, anzi in un incubo che solo chi vede regredire i propri figli può capire, ma non ci arrendiamo davanti all’inefficienza dell’istituzione scolastica, che da questa storia ne sta uscendo malissimo. Saremo costretti come famiglie a ricorrere di nuovo alla giustizia amministrativa con la richiesta del commissariamento dell’ufficio scolastico competente, con la nomina di uno specifico commissario ad acta, se entro pochi giorni non viene trovata la soluzione migliore per i due ragazzi, per far valere così il diritto universale all’istruzione a loro disconosciuto, che rapprenta una gravissima discriminazione, ancora più grave quando messa in atto ostinatamente proprio da una istituzione scolastica».
I genitori non si arrendono: «Faremo valere questo diritto in tutte le sedi opportune perché la risoluzione di questa triste vicenda oltre a fare scuola (quella vera) rappresenta una battaglia di civiltà».
C’è una sentenza del Tar.
Deve solo essere applicata.
Se non per solidarietà… per amore della burocrazia.