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7914566_poster.jpg«Teppisti spacciati per tifosi». In una durissima ordinanza di 35 pagine, (pubblicata oggi dalle pagine del Messaggero Abruzzo), è in questo modo che il gip Roberto Veneziano definisce in uno dei tanti passaggi in cui è stata ricostruita la rissa di domenica in via Cupa, a Giulianova, i cinque indagati per i quali, proprio ieri, ha convalidato l'arresto in flagranza differita, confermando per tutti i domiciliari. Fondamentali sono stati i video attraverso i quali gli investigatori sono riusciti a risalire a loro. Grazie proprio a quelle immagini, così come evidenzia più volte il giudice, è stato possibile identificare i tre appartenenti al gruppo ultras "Sedici gradoni" e i due, invece, tifosi del Giulianova, ritenuti, in concorso, responsabili anche delle lesioni causate al maresciallo dei carabinieri, colpito però materialmente probabilmente con una cinta da un teramano, «soggetto particolarmente distintosi nel veicolare la propria rabbiosa frustrazione interiore sulle persone degli appartenenti alle forze dell'ordine», si legge nell'ordinanza.

A spingere il gip a confermare i domiciliari la pericolosità sociale dei cinque (alcuni di loro, quelli con precedenti penali, sono stati descritti «con piglio deterministico e criminale» nell'affrontare i propri rivali) e il pericolo di reiterazione del reato. «La visione degli interi filmati offre univoci spunti indiziari per comprendere il dinamismo del comportamento complessivo da ciascuno di essi tenuto, potendo nei video cogliersi l'evoluzione dei movimenti e l'evoluzione dei singoli soggetti mentre, di volta in volta, si organizzavano per meglio attaccare gli antagonisti e ferirli con gli oggetti di cui disponevano (cinte, aste di bandiera, sassi raccolti al suolo), nonché dedurre la pericolosità delle condotte tenute anche in considerazione delle circostanze di tempo e di luogo in cui i fatti si concatenavano», si legge sempre nell'ordinanza. A dimostrazione che nessuno ha cercato di uscire dallo scontro, ma ci si è buttato. «Un duello tra bulli», dettato dalla logica del branco. Tra gli oggetti sequestrati subito dopo dalla polizia ci sono anche un manganello telescopico in ferro lungo 61 centimetri parzialmente piegato all'estremità e un tubo in multistrato di 77 centimetri. L'altro giorno dei cinque solo uno degli indagati, in fase di udienza di convalida, non si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma a quanto pare «si è profuso in spiegazioni puerili, illogiche e incoerenti dei fatti si legge sempre nell'ordinanza - il cui filo conduttore appare neutralizzato in toto dalle emergenze indiziarie», riporta Il Messaggero Abruzzo oggi nelle sue pagine.