Quando prendo in mano la penna da drammaturgo ho sempre in mente, scena per scena, il corpo dell’attore, che è per forza la prima cosa che accade sul palcoscenico la presenza del corpo dell’attore: prima del gesto, prima della parola, accade il corpo.
L’attore, questa particolare creatura, capace di prestare la propria esistenza a vite altre, e il corpo, e il gesto, e la voce, da sempre attrae la mia vena di scrittore, che con la penna muovo sulla pagina il suo corpo, decido i suoi gesti, e ogni parola.
Con questo pensiero mi avvicino a intervistare Elisa Di Eusanio.
Abbiamo appuntamento per l’intervista attraverso una chiamata video whatsapp oggi, giovedì 8 febbraio, alle 16:00, perché chi scelgo di intervistare ho bisogno almeno di guardarlo in faccia, il più possibile negli occhi.
Mi risponde subito. Elisa è nella sua casa di Roma – e io sono qui nella mia casa teramana.
La trovo che è influenzata. Ha febbre. Le dico che, se non si sente, possiamo rimandare.
Lei, risoluta, sorridente, dentro la sua naturale bellezza, dice di no, che ce la fa.
È un anno che attende di farsi spazio tra le mie carte questa intervista; e un anno è il tempo di una buona attesa.
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Quante vite ha un attore?
Infinite! Le possibilità di interpretazione di un attore sono assolutamente infinite.
Recitare, per te, per la tua esperienza, cosa vuol dire professionalmente ma anche umanamente, socialmente?
La recitazione non è tanto legata alla funzione sociale. Magari ha un messaggio da portare. La recitazione è un sistema complesso in pieno equilibrio e divenire tra tecnica, istinto e nuove consapevolezze. Semmai è l’essere attrice, l’essere artista, che nella vita e sul palco può contenere una funzione sociale asservendo l’arte della recitazione a questa missione.
Quando sei entrata per la prima volta in un teatro, da spettatrice intendo?
Per la primissima volta sono entrata in un teatro con mia madre a vedere uno spettacolo con Valeria Moriconi, e fu in Abruzzo. Non ricordo bene dove ma certamente in Abruzzo. Ma sono sicura che non fu un colpo di fulmine. Anzi, non lo trovai affatto divertente.
E sulle tavole di un teatro, da professionista, quando sei salita per la prima volta, e quale fu la tua emozione; insomma, la tua memoria, di quel momento, cosa conserva ancora oggi?
Sono salita sul palcoscenico sin da bambina. Ma la mia primaconsapevolezza arrivò in uno spettacolo in particolare: avevo ottoanni.“Sotterranea” era il titolo dello spettacolo, in scena al Teatro Comunale di Teramo: è lì che successe il mio innamoramento con lo spazio scenico, con il teatro; fu lì che capii per la prima volta di essere nel mio ambiente naturale.
Dal teatro, sei poi passata al cinema e alla televisione: qual è stato il tuo primo impatto con il mondo del cinema e della televisione, arrivandoci dall’origine dell’arte della recitazione?
Ho fatto il mio primo film con la regia di Volfango De Biasi, “Come tu mi vuoi”del 2007, e, grazie alla parte affidatami, ruolo molto caratterizzante e vicino ai toni del teatro, ho avuto un impatto “dolce” con il mondo del cinema. Mentre in televisione si lavora molto sul togliere, e tutto in velocità. Invero è in televisione che ho dovuto davvero raffinare il mio mestiere di attrice. E credo che qui, in questo modo della recitazione, ci sia stata la mia piena maturazione professionale e artistica.
E qual è il tuo metodo di lavoro; intendo dire, come affronti ogni nuovo copione che ti si propone, sia per il teatro, che per il cinema, che per la televisione? Cos’è la prima cosa che fai, in pratica, davanti a un nuovo testo da affrontare?
La prima cosa che faccio è quella di mettermi in ascolto della storia che mi si propone. E, praticamente, indosso le cuffie con la musica che sento in quel momento e vado a spasso per Roma cercando di connettermi emotivamente con il personaggio che mi è stato affidato. Ma non sempre capita di fare quello che davvero ci piace in teatro, al cinema o in televisione, e spesso si accettano ruoli perché il lavoro ha sempre una sua dignità, e va onorato: questo significa essere dei professionisti.Ma non è un sacrificio, anzi, è motivo di crescita, e questa mia propensione mi permette poi di finanziare i miei di progetti, soprattutto teatrali.
Cosa non ti piace del mondo del teatro, del cinema, e della televisione?
Del mondo del teatro non mi piace la snobberia, che sia arredato di salotti e salottini, chequesti siano abitati solo dafigli e figliastri, situazione che non permette lo sviluppo di progetti altri. Il cinema pure è una casta; anche la televisione è così, però, lì c’è più spazio perché le produzioni sono molte e veloci. Il teatro e il cinema italiano sono ambienti invece molto chiusi dove si lavora solo se già introdotti. Dove si lavora se si è già introdotti o se si diventa bravi a coltivare le giuste conoscenze.E ciò è innegabile.
Potresti fare a meno della tua arte, emotivamente intendo?
Non credo. Ma ho capito che l’arte non ha necessariamente bisogno di un palcoscenico o di uno schermo per esprimersi. Io posso fare arte anche parlando semplicemente con le persone. Non è l’arte necessariamente quella forma che deve esprimersi con determinati codici. Potrei fare a meno di essere attrice ma non di fare arte.
C’è uno spettacolo, un film e anche una serie che avresti voluto interpretare?
Per il teatro non saprei dire perché sono ormai poco attratta dal classico;sono, invece, moltoincuriosita dalle nuove drammaturgie.La nuova drammaturgia è un universo da esplorare, e,probabilmente, il progetto che non ho interpretato e che vorrei interpretare deve essere ancora scritto.Per il cinema, invece, sicuramente avrei voluto interpretareil ruolo della madre affidato ad Anna Magnani da Luchino Visconti in “Bellissima”. Come serie mi viene in mente Kate Winslet in “Omicidio a East Town”.
E cosa vorresti veramente, con tutta la tua passione per quest’arte, fare ora, a teatro, al cinema, in televisione? Quale parte sogni di fare?
In teatro mi sento appagata con le mie produzioni, in ultimo “Club 27”. Per il cinema, vorrei, finalmente, avere un ruolo più complesso, fuori dal carattere, per il quale sento di dirmi pronta. Lo stesso per la televisione.
Tutti conosciamo il tuo impegno civile per la difesa degli animali: la tua è stata una scelta di campo senza sconti, che ti ha portata addirittura a rimodulare la tua dieta; una posizione la tua che ha comportato sicuramente dei sacrifici importanti. Ricordi cosa è stato, il fatto e il momento intendo, che ti ha spinta a rivoluzionare la tua visione della vita e quindi del rapporto uomo natura in modo così radicale?
Da quando ho iniziato ad approfondire il mio rapporto con Angelino, il maltese che mi ha rivoluzionato la vita, ho cominciatoad avvicinarmi al mondo animale con un altro sguardo.Poi ho visto il documentario “Dominion” prodotto da Joaquin Phoenix sulla realtà dell’industria zootecnia intensiva, ed è stato unovero shock.Allora sono volutaandare a vedere con i miei occhi, cosìun giorno ho affiancato un gruppo di attivisti in azione fuori da un mattatoio italiano, e da quel momento la mia vita è cambiata per sempre obbligandomi a sposare delle scelte e un impegno per la tutela degli animali, e non tornerò più indietro.
Cos’è la prima cosa che ti viene in mente se ti dico: Teramo?
Mio padre. Mio padre a Piazza Martiri con il giornale sottobraccio.
MASSIMO RIDOLFI