In questi giorni stanno per partire i lavori di abbattimento e ricostruzione, o riqualificazione, del mercato coperto di Piazza Verdi, dopo lunghi anni di più o meno onorevole o disonorevole servizio. Dell’idea di costruirlo parlava “Il Messaggero” di mercoledì 3 settembre 1957, in un articolo di Nino D’Amico intitolato “Soltanto con un mercato coperto si potrebbe osservare una maggiore igiene”. Nel sommario si leggeva: “L’attuale piazza del Mercato lascia molto a desiderare – Le condizioni antigieniche delle ‘baracche’ mobili adibite alla vendita di generi alimentari – Rifiuti gettati nei pressi della fontanina – Come viene lavata la verdura”’.
L’occhiello diceva: “Un’opera vivamente attesa dai consumatori”. L’articolo partiva da una riflessione sui sempre più frequenti comunicati con cui la Prefettura dava notizia dell’attività di una speciale squadra di vigilanza igienico-sanitaria composta da agenti di P.S. e vigili sanitari, dispiegata nella provincia e nel capoluogo per vigilare che i commercianti rispettassero le norme di prevenzione sanitaria.
In molte regioni d’Italia si andavano diffondendo notizie di malattia e decorso epidemico e occorreva aumentare i controlli. D’Amico richiamava l’attenzione delle autorità sanitarie di Teramo e dell’esimio medico provinciale dott. Di Meglio sulla situazione igienico-sanitaria di Piazza del Mercato (Piazza Muzi), che lasciava moltissimo a desiderare.
Era gravissima e nemmeno la solerte squadra igienico-sanitaria era riuscita finora a far nulla. Pessimo era lo stato igienico delle “baracche” mobili adibite alla vendita dei prodotti alimentari, anche sei proprietari usavano giornalmente tutti gli accorgimenti possibili. Inevitabilmente dentro i furgoni cellulari costretti a rimanere chiusi per una buona mezza giornata e l’intera notte, a volte sotto un sole implacabile che “cuoceva” nel vero senso della parola i prodotti, non era possibile una buona conservazione degli stessi. Bastava entrare di mattina in uno di quei furgoni per constatarlo, sentendo gli effluvii non certamente gradevoli provenienti dai generi più predisposti alla decomposizione. C’era da meravigliarsi dell’indifferenza delle autorità comunali, ma ancora di più del continuo rilascio di sempre nuove licenze di ambulanti senza le dovute garanzie di igiene. La situazione igienica era resa ancora più precaria dalla presenza nella piazza e in tutto il rione di case ancora prive di servizi igienici, per cui accadeva spesso di vedere nei pressi delle bocchette e del fontanino galleggiare ogni genere di rifiuti. Ma c’era dell’altro, quale garanzia si offriva al consumatore che la verdura fosse lavata prima di essere messa in vendita? Era vero che la maggior parte delle verdure vendute a Teramo veniva lavata con acqua non solo non potabile, ma assai spesso inquinata, proveniente da cisterne o da vere e proprie pozzanghere?
La soluzione poteva venire, concludeva D’Amico, dalla costruzione di un mercato coperto, che l’amministrazione comunale aveva promesso ma non aveva ancora realizzato. Solo un mercato coperto, costruito secondo i dettami della tecnica e dell’esperienza, avrebbe veramente garantito i consumatori e reso più tranquilla la coscienza dei sanitari responsabili. Il mercato coperto venne poi realizzato, finalmente, e fece il suo dovere, prima di venire disimpiegato, trascurato, ridotto in pessime condizioni, dismesso e poi, come avviene sempre a Teramo, abbattuto. Ora si attende di sapere con precisione che cosa sarà costruito al suo posto e con quale funzione. Le cose durano poco a Teramo, a non rimanere mai disoccupato è sempre “il piccone”.
Elso Simone Serpentini