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IncuboLo sapevo

Ci risiamo. 

Ogni anno è così: appena ricomincia la Quaresima, ricominciano gli incubi.

Sarà la necessaria espiazione per i peccati (di gola) che hanno reso degna la celebrazione del Carnevale?

Non lo so, ma ogni anno è così: arriva la Quaresima, s’estinguono le castagnole e tornano gli incubi.

Sarà una sorta di inevitabile percorso penitenziale, ma puntualmente la notte si popola di strane visioni, di arcane suggestioni, di epifanie orrifiche.

È successo anche quest’anno, ma questo incubo è così strano, e curioso, e particolare, che ve lo voglio raccontare.

Come se fosse un film.

Roma, esterno giorno: una macchina elegante scivola sui sampietrini, fino a fermarsi davanti ad un hotel di buon livello, quasi di lusso.

Gli sportelli si aprono  per facilitare l’uscita di una coppia, lui si muove col piglio da manager, lei col fare della segretaria. Scorgo sguardi di intesa, che mi sembrano andare ben oltre il rapporto professionale, ma forse tradiscono l’esistenza di una passione.

Tradiscono, appunto.

Il concierge li conosce, lo si capisce dal saluto, che è meno formale, quasi cordiale.

Il tempo di prendere la scheda e salire in camera… il resto lo farà probabilmente la notte romana, con tutte le stelle “più brillarelle” e quel ponentino “malandrino”.

Città eterna, teatro di eterne passioni. 

Vabbè - starete pensando - ma l’incubo qual è? In fondo, è una storia come tante, forse di corna come tante, ma di qui a chiamarlo incubo…

Abbiate pazienza.

L’incubo arriverà.

Intanto, la notte avvolge i nostri due amanti, prima di cedere il passo all’alba romana, così limpida e prepotente.

È venuto il momento di fare colazione, prima di lasciare l’hotel, ma al momento di pagare il conto… ecco che il sogno si fa incubo.

Leggo distintamente sulla fattura e sulla carta di credito il nome non dell’elegante signore, né quello della disponibile segretaria, ma quello di un’organizzazione benefica, e per la precisione di una fondazione bancaria. 

Ed è lo stesso nome che leggo sulla carta di credito. 

L’incubo si materializza: sudo, soffro, nel sonno mi chiedo come possano quella appena vissuta, e le altre notti romane, rientrare tra gli scopi di “utilità sociale e di promozione dello sviluppo” che una fondazione dovrebbe perseguire. 

Mentre me lo chiedo, s’è fatto giorno, mi sveglio e affronto la giornata, ma questo incubo mi accompagnerà per tutto il giorno.

Chissà se lo rifarò.

Nell’attesa, vi starete chiedendo quale sia la Fondazione… 

Ve lo racconterò, ma a quel punto non sarà più un incubo,  sarà cronaca…

 

ADAMO