Domenica sono riuscito a realizzare un desiderio che coltivavo da qualche tempo: tornare in luogo che a volte frequentavo con mio padre, il ristorante dell’albergo La Maielletta di Passolanciano.
Non mi guidava solo la nostalgia, ma anche il desiderio di vedere da vicino la condizione degli operatori economici di quella località, che devono affrontare molteplici problemi malgrado le opportunità che quel luogo incantevole della nostra montagna può offrire, soprattutto malgrado le ingenti risorse destinate a quel comprensorio che la giunta regionale da me presieduta ha stanziato e che sono state colpevolmente lasciate inerti da coloro che hanno trascorso inoperosamente l’intera legislatura regionale inaugurata 5 anni fa.
Il rito domenicale con mio padre prevedeva la consumazione di un cibo semplice, gli spaghetti alla maielletta una pasta asciutta condita con le saporite erbette della montagna, una vivanda gustosa ideata negli anni remoti nei quali non era facile portare sulla tavola nei luoghi in quota alimenti più ricchi e presuntuosi.
Quindi all’ora di pranzo mi sono accomodato nel locale con due miei giovani amici. È venuta a prendere le ordinazioni una ragazza che mostrava uno straordinario portamento e appropriatezza, il che mi ha indotto a chiederle notizie sulla sua vita, le sue origini, i suoi studi. Lei ci ha detto che era ucraina e ci ha parlato in breve della storia che l’aveva portata a lavorare lì. Il nostro dialogo si è allora protratto per un poco sulla guerra che sta sconvolgendo il suo paese. Lei ci ha dimostrato una grande profondità di giudizio sulle ragioni e sui torti, sulle condotte degli stati e sulle attese della popolazione, dimostrando uno straordinario desiderio di pace e l’auspicio che la forza della diplomazia e del diritto possa prevalere presto sulle armi.
Io e i miei commensali siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla profondità delle riflessioni di questa giovane donna, che in poche parole ci ha detto cose più sensate di quelle che direbbero molti uomini pubblici e con una profondità di riflessione quale si acquisisce solo in anni e anni di riflessioni e di studi, magari nella fruttuosa frequentazione di intellettuali e accademie.
Invece tutto questo accadeva davanti a un tavolo di legno di un albergo di montagna, una montagna lasciata isolata da istituzioni regionali insipienti e incapaci, ma che grazie a questa giovane donna è stata lo stesso per noi come un braccio di mare che mette in circolazione le idee e permette il rinnovamento dei pensieri.
Nel condividere quell’auspicio semplice e profondo, mi sono ricordato del pensiero del nostro grande conterraneo Augusto Pierantoni che fu tra i fondatori a Gand dell’Istituto per il diritto internazionale e che in nome di quella prestigiosa istituzione ritirò nel 1904 il premio Nobel per la pace. Egli ci ha insegnato che è il diritto la via per risolvere i conflitti e non la guerra.
Non ho potuto fare a meno di pensare che questa nostra montagna merita di essere aiutata a rendere possibile l’incontro tra le persone, perché questi pensieri e questi ideali possano essere fecondi nel tempo a venire, favorendo una nuova e necessaria stagione di pace.
LUCIANO D'ALFONSO