Omicidio Adele Mazza. Le motivazioni dell'ergastolo: "Bisceglia ha lasciato uno straordinario biglietto da visita"
Prove "granitiche". Su tutte, il Dna: uno "straordinario biglietto da visita" lasciato in mano agli inquirenti. Per la Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila non ci sono alternative alla ricostruzione dell'omicidio e depezzamento di Adele Mazza, la 45enne teramana trovata fatta a pezzi la sera del 5 aprile 2010 lungo la scarpata dell'Inail. Nè ci sono altri possibili responsabili. L'unico colpevole è lui: Romano Bisceglia, 58 anni, in carcere dal 12 aprile 2010, appena una settimana dopo il ritrovamento del cadavere fatto a pezzi della teramana nella scarpata sotto l'Inail. Nessuno sconto: la premeditazione e l'aver agito per motivi abietti, aggravanti escluse nella sentenza di primo grado, riassumano tutto il loro valore in Appello. Lo si evince leggendo le motivazioni della sentenza d'ergastolo emessa lo scorso 11 luglio dai giudici della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila nei confronti di Bisceglia. E nelle motivazioni si dettaglia il ribaltamento della condanna: non più "solo" 30 anni, bensì l'ergastolo. Oltre alla schiacciante prova del Dna isolato dalla traccia di sangue sul nastro plastificato annodato al secchio col braccio destro di Adele Mazza, i giudici ne elencano altre: la straordinaria vicinanza della casa di Bisceglia con il luogo del ritrovamento dei pezzi della Mazza; l'indisponibilità in capo a Bisceglia di un veicolo: da qui la compatibilità col trasporto a piedi, usando il famoso carrellino in metallo di colore giallo, fino alla scarpata; la dotazione di almeno dieci coltelli da cucina in casa del condannato, ritenuti compatibili con le armi da taglio usate per sezionare il cadavere. E ancora, altre prove: l'essere stato l'ultima persona ad esser stato visto con la vittima il 3 aprile e il non avere alcun alibi per la giornata del 4 aprile, giorno cui viene fatto risalire l'omicidio. Nel suo fondaco, poi, Bisceglia aveva i teli di plastica "mille bolle" compatibile con quello usato per avvolgere il tronco del cadavere. I giudici definiscono "granitiche" le prove di colpevolezza a carico di Bisceglia, che avrebbe premeditato l'omicidio e agito per motivi abietti. Ecco così che le aggravanti escluse nel primo grado, producendo una condanna a 30 anni, in Appello tornano assolutamente vigenti e la Corte sentenzia: Bisceglia è l'unico colpevole, sia dell'omicidio, sia del depezzamento. E lo condanna all'ergastolo con l'isolamento diurno per sei mesi. Niente "depistaggio", niente "fantomatica orditura calunniosa" come tentato di sostenere dalla difesa di Bisceglia. In quaranta pagine, a firma del presidente della Corte, il giudice Luigi Catelli, si consuma la rideterminazione della sentenza di primo grado. Romano Bisceglia è il solo responsabile dello strangolamento, del depezzamento, del vilipendio del cadavere di Adele Mazza. Troppo pochi trent'anni.