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GIU.jpegIGIU11.jpegGIU3.jpegGIU1.jpegGiustizia e verità per un suicidio che porta un altro nome: questo il messaggio che a chiare lettere manifesta, sotto il carcere di Castrogno, il disappunto della famiglia di Patrick Guarnieri per la tragica perdita subita e consumata in quelle celle.
Portavoce del dolore che con tenacia avanza senza sosta in una battaglia legale per fare luce sulle oscure dinamiche del lutto, Adele Di Rocco: "Siamo in attesa dei risultati del nostro medico legale, tenendo conto del profilo psicologico di Patrick che non corrisponde al gesto con cui avrebbe messo fine alla sua vita. Lo hanno definito suicidio, ma non a mio nome, non a nostro nome!" tuona, facendo leva anche sulle testimonianze che dall'interno del carcere raccontano una storia diversa rispetto all'ipotesi di suicidio. A sostegno della causa, moltissime associazioni tra le quali si annovera Asperger Abruzzo, che spiega "Tutti gli assassini cercano certificati per evitare il carcere; a Patrick spettavano di diritto."
Tutti i presenti sono d'accordo sul fatto che il ragazzo non avrebbe dovuto trovarsi in cella.
"A difesa di questo diritto siamo qui oggi, sperando che presto anche altre associazioni si schierino al fianco di questo caso" l'appello lanciato da Asperger Abruzzo
Un caso emblematico che, al di là della sofferenza privata, rimarca il fallimento di un sistema detentivo "Un castigo non puó trasformarsi in una punizione mortale; il carcere dovrebbe essere un luogo riqualificante per una nuova vita, non un posto in cui perderla. Patrick è solo una delle tante vittime che in tutta Italia soccombe a questa realtà. Aspettiamo l'inchiesta" conclude Adele Di Rocco.

Eugenia Di Giandomenico