Ucciso brutalmente a 17 anni, con 25 coltellate, per un debito di non più di 250 euro. E' morto
così, in un parco del centro di Pescara, Thomas Christopher Luciani, residente a Rosciano, paesino del Pescarese.
Rapidissime le indagini della Polizia, che in poche ore ha individuato i presunti responsabili del delitto: due liceali
sedicenni, l'uno figlio di una avvocata, l'altro figlio di un maresciallo dei Carabinieri. Determinante, per chiudere il
cerchio sull'omicidio, la testimonianza di un amico dei presunti assassini che, poche ore dopo i fatti, compresa la gravità
dell'accaduto, ha lanciato l'allarme. Il contesto in cui è maturato il delitto è quello del piccolo spaccio di droga.
E' il pomeriggio di domenica e un gruppetto di sette o otto giovanissimi si incontra davanti al parco Baden Powell, a due
passi dal centro della città e dalla stazione ferroviaria. I due entrano nel parco dove ad attenderli c'è Thomas, 17 anni da
compiere. Lo attirano in una zona non sorvegliata e lì lo colpiscono con un coltello, presumibilmente da sub, viste le
lesioni riportate dal ragazzo. Circa venticinque i fendenti. I due, emerge dalle prime ricostruzioni, continuano a colpirlo
anche quando lui è già esanime a terra. Poi nascondono il corpo tra le sterpaglie e si allontanano.
Usciti dal parco, i ragazzi si ricongiungono con gli altri amici e tutti insieme vanno al mare, in uno stabilimento
balneare del centro, per fare il bagno. In acqua, stando alle testimonianze raccolte, abbandonano il coltello. Dopo qualche
ora, uno di loro, rimasto all'esterno del parco ma a conoscenza
dell'accaduto, si rende conto della gravità dei fatti e lancia
l'allarme. A quel punto, poco dopo le 21, il cadavere del ragazzino viene rinvenuto.
Sul posto arrivano subito il 118, la Polizia - con squadra Volante, squadra Mobile e Scientifica - il procuratore capo
Giuseppe Bellelli, con il sostituto Gennaro Varone. Successivamente intervengono anche il medico legale Christian
D'Ovidio, il capo della Procura dei minori aquilana David Mancini e il sostituto Angela D'Egidio.
Gli investigatori della Mobile di Pescara, diretti dal vice capo Mauro Sablone, fanno un lavoro certosino e incrociano le
testimonianze con le immagini raccolte dalle telecamere presenti davanti al parco e allo stabilimento balneare. In poche ore i
presunti assassini vengono raggiunti. I ragazzi, entrambi liceali, durante il primo interrogatorio non avrebbero
manifestato emozioni: nessuna reazione particolare e assenza di empatia o pentimento. Sono in stato di fermo in un centro di
prima accoglienza: entro quattro giorni ci sarà l'udienza di convalida. L'inchiesta è ora nelle mani della Procura dei Minori
dell'Aquila. L'arma del delitto non è ancora stata trovata; proseguono le ricerche da parte dei sommozzatori dei Vigili del
Fuoco. In una nota, la Questura di Pescara parla di "drammatica
vicenda", che ha evidenziato "un incredibile disagio giovanile,
una sorprendente carenza di empatia emotiva ed una palese
incapacità di comprendere l'estremo disvalore delle azioni
commesse. Questi atteggiamenti disfunzionali - si legge -
meritano ampio approfondimento".
Sulla vicenda interviene anche il presidente della Regione
Abruzzo, Marco Marsilio, che parla di un evento che "ci ha
lasciato attoniti. Fatti di violenza che coinvolgono dei giovani
ragazzi - dice il governatore - non dovrebbero accadere. A nome
personale e della Giunta regionale porgo il cordoglio ai
familiari della vittima. Ringrazio le forze dell'ordine che da
subito si sono attivate per garantire la sicurezza nella città
di Pescara".