• CANTORO
×

Avviso

Non ci sono cétégorie

LicenoMi è capitata tra le mani (quasi per caso) la relazione tecnica sulla cui base è avvenuto il sequestro “cautelativo” del Convitto Nazionale Liceo ”M. Delfico”, e l’ho letta e analizzata. Credevo di poter scoprire quali elementi critici fossero alla base dell’asserita vulnerabilità sismica (pericolo di crollo nell’eventualità di un sisma). Pensavo che fossero stati rilevati in una perizia tecnica effettuata con visite, sondaggi, scavi, accertamenti, carotaggi. Niente di tutto questo. La decisione, gravissima, e tale da uccidere definitivamente Teramo, è stata presa – come temevo – solo sulla base di carte, documenti cartacei. E siccome di carte mi intendo, come tali le voglio analizzare. Voglio analizzare quello che sulle carte è scritto. Ma non dal punto di vista tecnico-ingegneristico (non ne avrei le competenze) né dal punto di vista giuridico (non ne avrei le competenze), ma dal punto di vista logico (e ne ho le competenze, avendo studiato per anni la logica aristotelica, quella tomistica e la logica formale, che studia le regole di inferenze tra enunciati e le loro condizioni di validità). Ma ricostruiamo per sommi capi la vicenda. La Procura delle Repubblica di Teramo, nell’ambito di un procedimento penale, nomina un consulente tecnico appartenente ai ruoli del Provveditorato Interregionale delle Opere Pubbliche per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna, sede coordinata dell’Aquila, l’architetto Caterina Di Paolo, che viene incaricata, anche avvalendosi di case produttrici e laboratori di verifica di verifica tecnica di materiali nonché di ditte specializzate ed eseguendo prove tecniche, di eseguire una valutazione della sicurezza del palazzo del Convitto Nazionale Liceo “M. Delfico” di Teramo, al fine di stabilire se il fabbricato possa resistere nell’eventualità di un sisma con un livello minimo di sicurezza richiesto dalle norme. Insomma deve effettuare, come si legge nell’oggetto della comunicazione della nomina, “un’analisi della completezza e correttezza dell’analisi della vulnerabilità sismica”. Deve fare un’analisi di un’analisi. Deve analizzare un’analisi già fatta. Il consulente tecnico, architetto Caterina Di Paolo, esaminati gli atti del fascicolo, ritiene necessario, e ne informa il magistrato, l’apporto di un ausiliario, non essendo il Provveditorato Interregionale delle Opere Pubbliche per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna, Sede coordinata dell’Aquila, in possesso della strumentazione occorrente per eseguire lo studio di vulnerabilità sismica. Il Magistrato autorizza la nomina di un ausiliario, un tecnico abilitato per la valutazione della sicurezza della struttura in oggetto. Se si fosse accertato che l’ente proprietario dell’immobile, la Provincia di Teramo, non avesse già effettuato una valutazione di sicurezza, il suddetto Provveditorato Interregionale delle Opere Pubbliche avrebbe provveduto ad un esame dei risultati. Ma la Provincia, viene accertato, ha già provveduto ad una valutazione di sicurezza, e la trasmette in formato digitale. Non basta, la Polizia Giudiziaria viene autorizzata ad accedere presso gli uffici della Provincia al fine di recuperare lo studio di vulnerabilità sismica, firmato da un tecnico abilitato nel 2016. Dopo questa data sulla struttura da valutare sono stati effettuati dei lavori ed è stata redatta un’altra analisi di vulnerabilità sismica, nel 2019. A questo punto, la disamina del Comitato Tecnico Amministrativo deve limitarsi “esclusivamente alla documentazione di vulnerabilità sismica acquisita dalla Provincia datata 2016-2019”. Si conferma, dunque, che il compito è quello di fare un’analisi di un’analisi già fatta, insomma si deve in un certo senso “correggere un compito”, si deve valutare una valutazione già fatta e giudicare se è stata fatta bene o no, se è credibile o no. Si devono esaminare delle carte, e lo si fa, anche quelle dell’Archivio di Stato in cui si parla della progettazione della costruzione dell’edificio, approntando un elenco delle carte consultate e un elenco di riferimenti normativi che sovrintendono al compito da svolgere. Ci si appronta a valutare e a rilevare eventuali “leggerezze” o trascuratezze nell’analisi già fatta che deve analizzare e nella valutazione di vulnerabilità sismica che deve valutare. Poi si ricorda come si calcolano gli indici di vulnerabilità sismica e si richiamano tutte le formule di calcolo e i parametri e gli altri arabeschi giuridici più o meno bizantineggianti di cui sono colmi gli scritti dei tecnici strutturisti, dei legulei “azzeccagarbugli”, e dei periti del diritto formale, non quello sostanziale. Dunque viene analizzata l’analisi già fatta e si esprimono giudizi e rilievi, di tipo metodologico e pratico. Vengono rilevate diverse “criticità”, consistenti in massima parte in cose non fatte e in accertamenti non eseguiti, non in carenze accertate e debolezze strutturali individuate e tali da mettere in dubbio la resistenza dell’edificio ad eventuali eventi sismici. E’ assente “per l’intero edificio” (sarà presente per parti “parziali”?) una descrizione geometrica che agevoli una comprensione puntuale degli aspetti strutturali di rilievo, quali altezza e spessore dei muri, allineamento dei setti murari ai vari piani, eventuale presenza di setti in falso, spessore dei solai. Se abbiamo capito bene, non è emerso che setti murari siano non allineati, che ce ne siano in falso, che lo spessore dei solai sia inadeguato. NO. Si è solo capito che non si capisce. E, ovviamente, non si fa niente per tentare di capirlo. Niente per averne la certezza e ricavarne un giudizio certo di vulnerabilità. Niente, si leggono solo le carte. E si controlla se sono state scritte bene. No. Manca qualche altra cosa. Che cosa? Per esempio mancano elaborati grafici di rilievo materico che descrivano compiutamente materiali e tecnologie costruttive adottate nella realizzazione “dell’intero fabbricato” (saranno presenti elaborati parziali?). Manca ciò che una identificazione puntuale delle tipologie murarie, anche se “sembra” che ne siano state rilevate due, per le quali non “sembra” possibile accertare la distribuzione nel fabbricato. Poi non si riesce a individuare chiaramente le caratteristiche degli impalcati, definire gli spessori e le tipologie dei solai e in particolare dell’armatura della sezione di appoggio e le caratteristiche dei cordoli e delle travi presenti nel corpo centrale della direttrice Nord-Sud (sarà stata invece possibile per la direttrice Est-Ovest?). Inoltre non si riesce ad individuare gli elementi non strutturali, cosa necessaria per valutare l’eventuale vulnerabilità sismica. Sono stati effettuati tre saggi superficiali con rimozione di intonaco, sono stati ispezionati visivamente i setti murari faccia vista in corrispondenza del sottotetto e cinque endoscopie. Che cavolo! Secondo il Comitato Tecnico Amministrativo sono troppo poca cosa, “una campagna di indagine” insufficiente in relazione alle considerevoli dimensioni dell’edificio. Tuttavia la valutazione è “sostenibile”. Allora cosa c’è che non va? E’ che i tre saggi effettuati, con rimozione dell’intonaco, non intercettano l’intersezione dei setti murari e quindi sorge perplessità  sulle conclusioni assunte, ma solo sull’efficacia dell’ammorsamento delle pareti ortogonali. Seguono nella “correzione del compito” altri rilievi, assolutamente tecnici, di cui sfugge lla gravità, altri rilevi di cui non si coglie la consistenza in termini di eventuale crollo o cedimento strutturale, alcune contestazioni dei parametri utilizzati. Quanto alla relazione geologica, che diamine, scrive il Comitato Tecnico Amministrativo, ci si è basati solo su studi bibliografici, non è stato effettuato un solo scavo, non ci sono state indagini dirette, che ovviamente non fanno nemmeno i correttori del compito, almeno per far vedere come si fa. Ma non rientrava nel compito assegnato, che era quello di esaminare le carte e solo le carte, non fare nessun rilievo, non prendere in mano non dico pala e cazzuola, ma nemmeno un metro per misurare. Eppure il Comitato Tecnico Amministrativo che firma la correzione del compito, ritiene di poter concludere che a causa delle numerose criticità emerse non è possibile condividere il livello di sicurezza valutato dai tecnici della Provincia, la cui stima “appare” gravata da ipotesi giudicate “non cautelative”, soprattutto in relazione ai carichi verticali a fronte dell’importanza dell’edificio. Conclusione? I cinque tecnici del Comitato Tecnico Amministrativo firmatari della relazione che è stata la base del sequestro da parte della magistratura dichiarano che l‘analisi di vulnerabilità esibita dalla Provincia sia non completa e tale da non consentire l’utilizzo dell’edificio con il livello di sicurezza minimo richiesto. L’atto porta la data del 5 settembre 2024. Il 23 settembre 2024, nell’aula magna di un Convitto Nazionale Liceo Classico di cui si dichiara non garantita la stabilità in caso di sisma, ma solo sulla base di un’analisi di un’analisi già fatta, di un compito corretto al quale è stato un voto insufficiente (un 4, se non un tre, ma forse è un 5, è questione di docimologia) festeggiano i 90 anni dell’inaugurazione dell’edificio (23 settembre 1934) il sindaco, il presidente della provincia, un alto graduato dei carabinieri, il vescovo e altre autorità, inconsapevoli che si considera a rischio crollo un edifico che non ha fatto una piega sotto due terremoti, di cui uno, quello del 2006, superiore al sesto grado di magnitudine. Passano altri giorni e tutti l’edificio viene fatto sgomberare d’urgenza, come sotto un bombardamento o un terremoto in atto. Tutti a casa. Con un blitz spettacolare stile camorra a Napoli. Senza calcolare i devastanti effetti civili, morali, culturali, senza calcolare eventuali alternative, senza il calcolo di un male minore, solo sulla base di una supposizione, (o di una supponenza?) di una illazione, di una remota possibilità di sisma, come se il crollo fosse imminente da un momento all’altro. Questo è possibile solo in Italia, dove chiunque eserciti un mestiere o una professione deve rispondere dei propri atti e delle proprie decisioni e paga se quelle che prende risulteranno poi avventate o sbagliate. Tutti rispondono: un giornalista che dovesse pubblicare una notizia falsa paga, un poliziotto che arresta una persona senza essere autorizzato paga, un ingegnere che sbaglia un calcolo di cemento armato paga, un progettista che sbaglia un progetto paga, ma un magistrato che emette un qualsiasi verdetto che si dovesse poi rivelare sbagliato o ingiustificato, o imprudente o avventato, o immotivato, non paga, mai. E ci si milita a dire che ci sono tre gradi di giudizio. E a spiegare che se un condannato viene riconosciuto innocente e scarcerato dopo venti anni dimostra che la giustizia funziona, tanto che poi lo ha riconosciuto innocente e lo ha liberato. Ma voglio annotare due cose. La prima è che la giustizia in Italia viene amministrata con tanta lentezza che il riconoscimento di un errore giudiziario, che tra l’altro non viene mai pagato, può arrivare anche dopo trenta anni e che anche un sequestro immotivato può essere riconosciuto tale anche dopo trenta anni (e perciò il Liceo potrebbe rimanere in giuridico sequestro per anni e anni) A margine ricordo che la richiesta di sequestro, respinta dal GIP, è stata ottenuta su ricorso in appello. La seconda cosa che voglio annotare è che la giustizia in Italia viene amministrata in nome del popolo e non contro il popolo. Termino con tre domande di uguale impertinenza: Chi medica i medici? Chi corregge i correttori? Chi giudica i giudici?


ELSO SIMONE SERPENTINI
corrosivo