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Non ci sono cétégorie

PalaculNon sono un ingegnere. Lo dico subito, così evito che gli ingegneri, quelli veri, mi riempiano di insulti. Sono semplicemente un giornalista, qui sì di quelli veri (quando ce vo’, ce vo’), di quelli che si fanno domande e cercano risposte.
E la domanda delle domande, in questa bislacca (si noti la mia delicatezza) vicenda del Delfico, é sempre la stessa. Ed é quella che ci poniamo tutti, da quel giovedì 3 ottobre quando il novantenne palazzo venne sfollato, sequestrato e sigillato.
Una domanda semplicissima: “ma davvero sta a cascà?”
L’ho semplificata fino quasi al gergale, perché in fondo é di questo che si parla, é questo il dubbio che affolla i nostri pensieri: davvero quel palazzo  é messo male, così male, che é stato necessario sfollarlo, sequestrarlo e sigillarlo?
Davvero i nostri figli, negli ultimi otto anni, hanno vissuto in una situazione di così grave e imminente pericolo?
Davvero 1200 persone, ogni giorno, sono entrate in quel palazzo, hanno attraversato quei corridoi, hanno studiato in quelle aule, celebrato le loro ricreazioni, senza sapere che quel piccolo mondo sarebbe potuto crollare da un momento all’altro?
Davvero la stabilità di quel palazzo é così compromessa e il rischio é così alto, che doveva essere sfollato, sequestrato e sigillato?
Insomma: “…ma davvero sta a cascà?”
La domanda, é sempre questa.
Essendo, ripeto, un giornalista e non un ingegnere, sono andato a cercarmi la risposta, intervistando per voi in esclusiva la persona in assoluto più titolata a parlare di quel palazzo: l’architetto Vincenzo Pilotti.
É lui, che l’ha disegnato.
Architetto Pilotti, lei non é più tra noi dal 1956, posso chiederle di  presentarsi a chi non la conosce?
“Sono nato a Marino del Tronto il 13 febbraio 1872, da genitori teramani, ho studiato all’Istituto Belle arti di Roma e all’Accademia di Firenze, poi ho insegnato, prima alle scuole superiori e poi all’Università di Cagliari e di Pisa”
So che in Toscana fece amicizie importanti…
“Mi onoro di essere stato amico di Giacomo Puccini, che ha anche voluto che gli progettassi la villa di Viareggio e la cappella funebre e Torre del Lago, ma anche con Mascagni ho passato giorni piacevoli… adoro la musica”.
Stiamo divagando, torniamo all’architettura, lei ha lavorato tantissimo…
“Ho avuto una bella carriera, lo ammetto, ho realizzato la maggioranza degli edifici pubblici della nuova Pescara, compreso il Municipio, ma anche il cinema Teatro "Massimo";  ad Ascoli, ho disegnato il palazzo della Provincia, ma anche scuole e palazzi privati; é opera mia il Tribunale di Novara, così come il Municipio di Pesaro; a Teramo ho progettato ville e palazzi signorili, ma soprattutto il “Palazzo della Cultura, nuova sede del Convitto nazionale e del Liceo Classico…”
Ecco, proprio di quello volevo parlarle… ha saputo che é stato sequestrato?
“Sì, l’ho saputo… “
E che ne pensa?
“Non mi faccia rispondere… rischierei di diventare offensivo…
Ha ragione, restiamo sul tecnico e perdoni la brutalità della domanda, ma secondo lei …davvero sta a cascà?
“Non le rispondo con una mia opinione, ma coi numeri di quel palazzo: cinque livelli di piano, 200 vani, 3550 metri quadrati, 71mila metri cubi interni, due scale centrali a doppio rampante, una scala di servizio e tre interne; la costruzione ha richiesto l’impiego di 7 milioni di mattoni, 15.000 quintali di ferro, 120 tonnellate di profilati di ferro 250 tonnellate di ferro per i lavori in cemento armato, 1000 metri quadri di mattonelle per pavimenti…”
Un’opera enorme…
“Mi lasci finire: tutti i muri principali e secondari sono di muratura di mattoni, i solai sono di cemento armato di spessore variabile a seconda della ampiezza dei vani, il solaio a copertura del refettorio e quello dell'Aula Magna, sono sostenuti da grossi travi, il carico accidentale venne considerato in ragione di 400 kg. a mq. in tutti gli ambienti, tranne per quelli del deposito libri ove si previde il carico di 1000 kg. a mq…”.
Ripeto: un’opera enorme…
“Pensi che, per costruirlo, ci sono volute 90.000 giornate lavorative degli operai… quando venne inaugurato, addirittura venne mandato un aereo a fotografarlo dall’alto…”.
A beneficio dell’immancabile webete, preciso che l’intervista é falsa, ma non lo sono le risposte, perché tutti i dati vengono dalla documentazione sulla costruzione del Delfico, depositata all’Archivio di Stato.
Ma il problema vero, forse, é più antico. E la vera ragione di questa “chiusura” del Delfico, é nella progettazione. Perché quando venne “pensato”, e poi progettato, e poi costruito… quello era il “Palazzo della Cultura”. Non il “Liceo di piazza Dante”, non “il Convitto”, e neanche “il Delfico”. Era solo e semplicemente il “Palazzo della Cultura”.
E con un nome così, nella Teramo gianguidica… non può restare aperto.
ADAMO