“Caro Babbo Natale, ti scrivo in questo anno di grazia 2024 per rappresentarti la mia tristezza e la mia insofferenza…”
- Ehi!
- Chi è?
- Ehi, dico a te…
- Chi è?
- Come chi è? Sono Babbo Natale. Mi stai scrivendo una lettera… Ma come ti viene in mente? Ancora lettere? Sono decenni che non si scrivono più lettere… e non ci sono più nemmeno i postini… Poi qui in Lapponia, figurati…
- Ma se ti voglio parlare, come faccio? Se non ti scrivo una lettera…
- Mandami un messaggio su Watzapp, almeno… Anche se pure Watzapp è uno strumento superato. Mandami un pensiero… ormai io leggo solo pensieri… non le lettere o i messaggi Watzapp.
- Ma non ho il tuo numero, come te lo mando il messaggio su Watzapp?
- Mandami un pensiero… Anzi, l’ho letto il tuo pensiero… e ti ho risposto. Ho letto il tuo pensiero mentre mi scrivevi e ti ho risposto. Sai, non rispondo a tutti… ma tu mi fai pena..
- Perché ti ho fatto pena?
- Uno che scrive una lettera a Babbo Natale da una città disgraziata come la tua…
- Sai che sto a Teramo?
- Come non lo so? Lo so pure troppo bene. La fama delle vostre sventure sono arrivate anche qui in Lapponia. Si sbellicano tutti qui a sentire tutto quello che vi capita.
- Ecco, appunto io di queste ti volevo parlare…
- Senza che me ne parli. Intanto basta che le pensi e io le leggo nel tuo pensiero. E poi non serve nemmeno questo, perché le vostre sventure, come ti ho detto, le so anche troppo bene. Le sanno pure le mie renne. E non c’è bisogno che me ne parli, anzi… sono io che potrei parlartene… io a te.
- Bella questa. E che mi vorresti dire?
- Non saprei da dove cominciare. Ma non te lo immagini? Vogliamo cominciare da Piazza Garibaldi? Da tutto quello che avete combinato? Ipogeo, ipergeo, fontana, acqua che scende da tutte la parti, traffico impazzito, risse di extracomunitari, autisti di bus che vengono presi a schiaffi, ospedali che non sapete dove mettere, assessori che vanno e vengono e non hanno ancora imparato a leggere e scrivere. E poi vogliamo proseguire con lo stradone di Via Po, che da quanto largo era lo avete fatto diventare un sentiero nel bosco e il suo nome conosco…
- Calma, calma. Io vorrei parlare di questi problemi uno alla volta…
- Tempo perso. Anzi tempo scaduto. Ormai siete finiti. Avete chiuso il Delfico e ridotta Piazza Dante a deserto, una periferia. Il commercio ve lo siete distrutto da soli, il centro desertificato, avete espulso tutti quelli che capivano qualche cosa e tenuto in città i beoni e i mangioni. La stampa libera ve la siete giocata a poker e l’avete persa, i sogni li avete nascosti tra le calze e la suole delle scarpe, i desideri li avete finiti e non ne avete più, state per diventare un paese sperduto nella sperduta landa abruzzese…
- Piano, piano. Non lo sai che noi teramani non consentiamo agli estranei di parlare male della nostra città? Noi vogliamo l’esclusiva del parlare male di Teramo.
- Non avete più questa esclusiva. Vi siete giocata ai dadi pure questa facoltà. Non avete più nulla. Non vi resta che chiedere l’elemosina sperando che qualcuno ve la faccia. Ah… e non vi venga in mente di chiedere niente… né a me, né alla Befana quando arriverà. Doni per voi non ce ne sono più. Tutti quelli che vi abbiamo fatto nel passato ve li siete giocati ai dadi…
- Ma quali dadi? Non giochiamo a dadi.
- E secondo voi che fate quando andate a votare? Alle elezioni non fate altro che giocare ai dadi. E perdete sempre, anche quando qualcuno in mezzo a voi ha l’impressione di vincere.
- Quindi senza nessuna speranza? Nessun dono da chiedere?
- No. I doni sono finiti. E i giochi sono fatti. Tutti i doni che vi fece la natura, bel sito, bel luogo, bel senno, bell’aria, bel clima, li avete buttati nel cestino. Adesso basta. Pane e salame, anzi, solo pane e acqua. Non vi tocca più nemmeno il salame. Siete arrivati al capolinea, come Napoleone a Waterloo.
“Caro Babbo Natale, ti scrivo per farti sapere….”
- Mo’ che fai? Ricominci a scrivere? Strappa quel foglio di carta, butta quella penna, non lo vedi che avete finito pure l’inchiostro? E non avete nemmeno più gli occhi per piangere? Siete rimasti come Don Falicuccio: una mano avanti e una dietro…
- Senti. Io non ci credo che tu sei Babbo Natale. Babbo Natale è buono e tu sei cattivo.
- Io sono buono. Con tutti, ma con voi teramani ho finito di essere buono. Non ve lo meritate. Anzi non vi meritate nemmeno il nome che ha la vostra città. Da oggi in poi non avrete più il diritto di chiamarvi Teramo, e nemmeno Interamnia, che vuol dire città tra i due fiumi e voi i fiumi non ce li avete più. E avete fatto un superstrada che chiamate autostrada anche se non lo è, e la chiamate Teramo-Mare, anche se non arriva al mare, e avete uno stradone che avete fatto diventare uno stradino, che avete espulso i commercianti e avete messo al loro posto solo baristi. Basta. Una città dove i vecchi si scatenano incatenandosi e i giovani chiedono al Prefetto e alla Questura il permesso di fare la rivoluzione con relativa autorizzazione… Una città dove il degrado cresce in maniera esponenziale e l’incuria impera.
- Io non ti credo. Voglio la prova che tu sei Babbo Natale non l’Intelligenza Artificiale.
- Ah ah ah… E parli tu, che stai in una città dove governa la Deficienza Artificiale? Dove i politici fanno solo promesse e dicono palloni? Anzi, sai che c’è? Alla prossima Conferenza babbonatalesca proporrò di cambiare il nome della vostra città. Io abito in Lapponia, ma, visto che i vostri politici dicono solo palloni, per la vostra città proporrò il nome di Pallonia.
“Caro Babbo Natale, ti scrivo per dirti…”
- Renna Uno e Renna Due… subito… subito… andate là da costui che scrive e mangiategli il foglio di carta.
Elso Simone Serpentini