SAGGEZZA – Allora signore, buonasera. Come presidente a tempo della seduta di questa sera vi informo sul primo punto all’ordine del giorno: richiesta del Sindaco di Teramo di poter fregiare il nome della sua città con il patrocinio di una di noi quatto virtù cardinali e perciò intitolarsi come città di una di noi quattro. Prendendo la parola a titolo personale, vi informo dell’assoluta impossibilità che la città richiedente possa intitolarsi come città della sapienza.
GIUSTIZIA – Però è opportuno che tu fornisca le motivazioni.
FORTEZZA – Concordo. Spiegaci le motivazioni.
SAGGEZZA – Presto fatto. Voi sapete bene che io fui chiamata da Platone, nostro padre, Sapienza. E ricordate bene che eravamo già grandicelle quando i tomisti cambiarono il mio nome in Prudenza. Un nome un po’ equivoco, perché i moderni per prudenza intendevano un’altra cosa, lo stare attenti quando si fa qualche cosa per non farsi male, o cose del genere. Così poi arrivarono altri filosofi e cambiarono un’altra volta il mio nome, chiamandomi Saggezza, che aveva lo stesso significato della Sapienza platonica ma ci si avvicinava di più. Comunque esaminando attentamente il comportamento dei cittadini e dei politici, devo rilevare di non riscontrare né sapienza, né prudenza né saggezza. Anzi, al contrario della sapienza, coltivano l’ignoranza, non praticano alcuna forma di prudenza, tanto che glie ne capita sempre di ogni colore, e non sono saggi in nulla. Quindi non hanno nessun titolo per intitolarsi né città della sapienza, né città della prudenza, né città della saggezza.
GIUSTIZIA – Ne prendiamo atto. Però devo dire subito che anche io non posso essere benevola e devo escludere che la città di Teramo possa intitolarsi città della giustizia.
FORZA – Vuoi essere così gentile da voler illustrare anche tu le motivazioni?
GIUSTIZIA – Mi sembra giusto. Le fornirò. Teramo ha un palazzo di giustizia dove crede di amministrare la giustizia, ma lo fa deperire giorno dopo giorno e a pochi rende giustizia e, quando la rende, la rende assai tardi. I processi durano all’infinito e molti sono gli ingiusti in quella città, più dei giusti, e moltissime le ingiustizie, assai più numerose delle giustizie. Tutti si lamentano della mancanza di giustizia, i giusti sono maltrattati e gli ingiusti premiati. Vi pare che si possa intitolare città della giustizia?
SAGGEZZA – Decisamente no. Motivazioni valide. La parola passa alla Fortezza
FORTEZZA – Ci ho riflettuto. Sapete bene il significato del mio nome, che viene dal latino “fortitudo”, e significa avere nelle difficoltà, la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. La fortezza è la capacità di resistere alle avversità, di non scoraggiarsi dinanzi ai contrattempi, di perseverare nel cammino di perfezione, cioè di andare avanti a ogni costo, senza lasciarsi vincere dalla pigrizia, dalla viltà, dalla paura. La fortezza si oppone alla pusillanimità che, come ha scritto Tommaso d'Aquino, è il difetto di chi non sfrutta al massimo le proprie possibilità, cioè non si esprime nella pienezza delle sue potenzialità, facendosi cullare dalla pigrizia o accontentandosi di condurre un'esistenza vuota. Ora, signore mie, anzi, sorelle mie, voi stesse capite bene che nulla di tutto questo si trova a Teramo e nei teramani nella pur minima quantità. Voi sapete se Teramo sia ferma e costante nella ricerca del bene, se sia capace di resistere alle avversità. Se non si scoraggi di fronte ai contrattempi, se perseveri nel cammino verso la perfezione, rifugga dalla pigrizia, dalla viltà e dalla paura, se sia pusillanime o no, se i teramani conducano o no un’esistenza vuota.
SAGGEZZA – Effettivamente non possiamo dare risposte positive.
FORTEZZA – Dunque capite bene che non può assolutamente intitolarsi città della Fortezza.
SAGGEZZA – Sorella Temperanza, non sei rimasta che tu. L’ultima risorsa. Ti chiediamo con il cuore in mano e di accordare tu il titolo alla città di Teramo e consentire di intitolarsi città della temperanza.
TEMPERANZA – Se intendete chiudere questa nostra riunione con una barzelletta, fatelo pure. M aio non sono temperante al punto di consentirlo. Ma ve lo immaginate: Teramo città della Temperanza?
SAGGEZZA – Cosa osta? Quale difficoltà si frappone?
TEMPERANZA – Quale difficoltà? Che dite? A Teramo e nei teramani non c’è un solo grammo di temperanza. Sono tutt’altro che temperanti, anzi, hanno in completo dispregio la temperanza. Non riescono a resistere ai piaceri, mangiano e bevono a crepapelle, sono sempre esagerati in ogni loro manifestazione, i politici meno valgono e più li eleggono, non riescono a controllarsi e cedono facilmente alla degenerazione e all'abuso. La temperanza è la virtù morale che modera l'attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell'uso dei beni creati. Ravvisate questo nei teramani? La temperanza assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell'onestà. Ravvisate questo in Teramo e nei teramani?
FORTEZZA – Francamente, non ti si può dare torto.
GIUSTIZIA – Allora che si fa? Niente titolo?
SAGGEZZA- Mi sembra saggio trasmettere la pratica alle tre virtù teologali. Se nessuna di noi quattro virtù cardinali abbiamo potuto accogliere la richiesta, può essere che una di quelle tre possa accettarla.
GIUSTIZIA – Giusto, ci pensino loro. Fede, Speranza e Carità decideranno quale di loro tre potrà concedere il proprio patrocinio alla città di Teramo e il titolo corrispondente.
Elso Simone Serpentini