Sono nato in Via Vincenzo Comi 32, in pieno centro storico: "Teramo la amo / e poco mi allontano". Ma questo innato amore non mi impedisce di vederne i difetti, che sono tutti quelli della provincia italiana. Che potremmo anche definire quella malattia dell'immaturità di chi vorrebbe farsi grande ma senza voler crescere davvero.
Di questo deserto che siamo diventati, pure i commercianti teramani hanno le loro responsabilità. Il mondo è cambiato. Il commercio al minuto può sopravvivere solo puntando sulla qualità, ad esempio sulle grandi firme, non certo sui negozietti, che poi alle 20 abbassano le saracinesche e amen - alcuni lasciando pure le vetrine spente, casomai qualcuno dopo cena passasse a vedere le vetrine sotto saldi; e il giorno dopo tornasse in negozio ad acquistare quel maglioncino, quel pantalone, quella scarpa vista la sera prima, dopo pranzo.
Ovviamente una organizzazione intelligente dei lavori post sisma avrebbe arrecato meno danno nel tanto sfacelo che già c'era. Ma resta un fatto incontrovertibile: per il corso di Teramo ci sono i negozi più brutti d'Italia. Il deserto che vediamo arriva anche da una bassa offerta del commercio teramano, che non rende piacevole recarsi in centro, soprattutto per Corso San Giorgio (imbrattato tra l'altro dalle merde dei cani dei più scostumati padroni d'Italia, persino davanti le vetrine dei sopravvissuti negozi), dove non c'è nessuna linearità estetica ma una schizofrenia di negozietti senza senso che si alternano tra rivenditori di cover per cellulari e scarpe a buon mercato, tra negozi di telefonia e yogurterie, tra grandi e piccolissime librerie, tra banche e farmacie. Certo, tutte queste realtà commerciali hanno diritto di esistere, ma non sulla via centrale della città, bensì a latere, occupando locali nelle vie che incrociano il corso principale, godendo pure loro così di un ristrutturato mercato cittadino.
Oramai a Teramo centro pure bar e tavole calde/rosticcerie chiudono alle 20. Prendersi un caffè o comprare da mangiare già pronto appena usciti da lavoro, in questa città è diventato un problema; e non è colpa dei parcheggi blu, che sono in tutte le città d'Italia, ma di un cattivo modo di fare commercio - da un brutto modo di fare accoglienza. Tant'è che dopo le 20 da qualche tempo vado direttamente in periferia in cerca di un caffè o da mangiare: vado al bar del quartiere San Berardo per esempio, popolare, vero, dove è come entrare a casa; dove se chiedo un caffè o da mangiare non si straniscono e mi accontentano, anche se sono passate le 20. Invece di andare in centro, se dopo le 20 volete un caffè o da mangiare, cari teramani lamentosi, non perderete tempo se andate quindi a San Berardo, così eviterete porte chiuse in faccia o bastoni dello straccio tra i piedi, e i rumorosi e freddi portici sporcati dai piccioni - in altre città d'Italia hanno risolto il problema, a Teramo invece pascolano ancora sereni su tavoli, sedie, piatti e bicchieri.
Se il commercio teramano vuole risorgere, deve affidarsi ai grandi marchi o riconvertire tutto Corso San Giorgio a outlet di grandi firme, facendo in questo modo della città un grande centro commerciale all'aperto che attirerebbe clienti da tutta la regione, e oltre. Non c'è rimedio migliore che questo, ora come ora, qui e ora.
Teramo potrebbe così tornare a rivivere. Ma si può pure continuare a guardare il dito e non la luna lamentandosi; aspettando di scagliarsi sul prossimo Sindaco, che non potrà certo mai governare il mercato mondiale.
MASSIMO RIDOLFI