E’ una storia di disagio, prima ancora che di violenza sessuale. Una storia di precarietà umana, quella che ha visto salire sul banco degli imputati del Tribunale di Pescara un giovane uomo, accusato di violenza sessuale sulla nipote della compagna. All’epoca dei fatti, lui aveva vent’anni, lei tredici. Un ragazzo e una bambina. Lui era lo zio acquisito della bambina, convivente della zia, lei era ospite in casa della parente. Quello che è successo, è raccontato in due versioni. Il ragazzo racconta di contatti, di una relazione, di approcci, ma mai di un rapporto sessuale completo. La bambina racconta invece di un rapporto completo e non voluto, una violenza. L’unica certezza è che nove mesi dopo, la bambina ha partorito un’altra bambina, e tutte e due sono finite in una casa famiglia. Al processo, lui ha negato tutto, ha confermato la storia clandestina, ma ha negato il rapporto sessuale. Lei, ha confermato tutto. Nell’impossibilità, in questa fase, di effettuare il test del dna, il ragazzo è stato condannato a quattro anni per atti sessuali su una minorenne e ad un risarcimento alla ragazzina di 75mila euro. Il pubblico ministero aveva chiesto otto anni per violenza sessuale.