Caro Vladimiro,
sono qui a scriverti, da questa lontananza, che da te nessuno può più arrivare, a meno che non si volesse fare un giro a vuoto per il mondo, che tutti oramai brutto ti vedono, e cattivo pure ti vedono, in mezzo a quella gentaglia con la faccia da gentaglia, che da gentaglia spudoratamente mente da gentaglia; sono qui a scriverti commosso dai cori russi; sono qui a scriverti commosso dai balletti russi; sono qui a scriverti commosso dai musicisti russi; sono qui a scriverti commosso dai cineasti russi; sono qui a scriverti commosso dal teatro russo, e da Konstantin, che non ha mai messo un piede fuori da Mosca, però è anche vero che Mosca è molto grande, che se non ne sei mai uscito, ti sembra davvero grande quanto il mondo, ti sembra tutto il mondo a rimanere lì; sono qui a scriverti commosso dai romanzieri russi; sono qui a scriverti commosso dalle anime dei poeti russi suicidati; sono qui a scriverti commosso da chi per scrivere meglio di come si scriveva a San Pietroburgo, è scappato verso le Americhe; sono qui a scriverti commosso da chi invece per paura di non poter tornare, non se n'è mai andato a scrivere lontano da Peredelkino; sono qui a scriverti commosso da chi legge solo la letteratura russa, che a leggerla ci piange come a una partita del Parma; sono qui a scriverti commosso da chi non ha paura della Russia ma invece trema se pensa a una signora bionda, pure ossigenata, di Ixelles – che non è mica tanto bionda, gli direbbe dietro quello di Parma; sono qui a scriverti commosso dagli artisti russi chehanno preteso lo stesso di essere artisti, e di fare gli artisti pure hanno preteso, sebbene non abbiano conosciuto un solo giorno di libertà nelle loro vite messe tutte in fila una dietro l'altra, una fila che da Mosca arriverebbe a Berlino, dove tempo fa è caduto un muro mica per sbaglio – insomma, Vladimiro, ti scrivo, qui e ora, che è pomeriggio, che è scesa già la luce e li da te ancora no.
Vedi, Vladimiro, quanto mi commuovo a scriverti per ringraziarti dell'allargamento della NATO e dell'Unione Europea; ma, soprattutto, la commozione irrompe e mi squassa fino al pianto perché grazie a te, Vladimiro, finalmente!, avremo una seconda superpotenza per davvero in questo mondo, l'esercito europeo unito, e mica quelle carrette che hai tu, che cercano da tre anni di arrivare a Kiev senza riuscirci mica – ecco, adesso sto piangendo anche per le tue carrette.
Rotto dalla commozione, Mio Vladimiro, ti bacio sulla bocca! che da voi tra uomini si usa, perché senza di te non ce l'avremmo mai fatta a sentirci così uniti da dichiararci finalmente indipendenti dai quei prepotenti degli statunitensi.
Vladimiro Mio, è proprio vero che dalla Russia l'Europa, ora ne abbiamo prova, non ha più nulla da temere, e mai più a quelli lì li implora.
Vladimiro Vladimiro, ma quanto sei giusto pacificato e birichino –ma una lettera come questa, così accorata, così commossa, così innamorata, dalla Russia, ma quando mai ti arriverebbe da uno scrittore russo, e sta tutta qui la differenza tra una democrazia e la merda che hai fatto del tuo Paese e della sua gente; Oh VladimiroVladimiro, giusto pacificato e birichino, il mio bambino.
MASSIMO RIDOLFI