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Roberto, la Letteratura non salva da nulla, soprattutto dai fenomeni depressivi, anzi potrebbe aggravarli per mancanza di lucidità critica. La Letteratura è un importantissimo strumento della conoscenza ma mai si fa utile medicamento. La depressione è la più crudele delle malattie perché tutti gli ammalati cercano la guarigione mentre il depresso la morte. La Letteratura è un'arte che necessita di energie e quindi di buona salute. Sono fatti umani a sé stanti ma interdipendenti, perché più si sta bene, più l'opera dell'artista rende, al contrario di quanto non pochi sprovveduti pensano. Anche per l'artista il bene più prezioso è la salute, che non trova certo nell'opera d'arte, ma nella cura di sé e nella medicina.
L'arte credo sia la cosa più importante che l'umanità erediti, perché in sé, in tutte le sue innumerevoli forme, racchiude l'unica vera memoria storica di un popolo, quindi dell'uomo. Perché l'arte e la vita sono la medesima cosa, imperfezioni comprese. Ma non ha alcuna proprietà medicamentosa o terapeutica. Sia chiaro. Questo che sia chiaro. Può accompagnarci, certo. Può aiutarci a comprendere il senso della vita, certamente. Ma se mi sento un po' raffreddato, prima di prendere un libro, sciolgo magari una aspirina nell'acqua che così sto meglio e leggo pure meglio.
In queste storie di fine vita o di drammatica sopravvivenza, Roberto, c'è di base un malessere da affrontare prima di tutto da un punto di vista clinico. Ecco, sono condizioni patologiche, aggravate certo dalla società del distaccamento che quotidianamente pratichiamo e sperimentiamo; esperimento riuscito dello scollamento dei rapporti umani, un modo dove difficilmente si è disposti a incontrarsi o, al massimo, si incontrano una o due persone ogni tanto; ma poco possono, credimi Roberto, l'educazione e la cultura - che poi per cultura si deve intendere propriamente il modo in cui viviamo non certo l'arte, che ne è una sublimazione. No Roberto. Bisogna ragionare sui fenomeni depressivi come si ragionerebbe su un tumore: a nessuno verrebbe in mente di dire a un malato di cancro: Guarda che se leggi Dante ti passa. Ecco, detto così, qui, ora, con rudezza. Non affidiamo agli scrittori compiti che non possono svolgere. Lasciamo la cura del corpo e della mente degli uomini ai medici. Gli scrittori si preoccupino invece di fare Letteratura e non dello sciocco intrattenimento: questo è certamente necessario.
Dai ponti della mia città, da gennaio a oggi, sono già caduti tre uomini di una età che oscilla tra i venti e i sessanta; e molti altri qui intorno sono morti di depressione nell'ultimo anno e nelle modalità più atroci: un altro uomo si è impiccato alla ringhiera di un belvedere, al centro di un borgo dell'entroterra teramano, ma sempre all'interno del perimetro comunale. Uno dei tre caduti dal ponte, quello più giovane, invece non è mica morto, e credo sia questo un dramma ancora più grande, e non perché probabilmente non sarà più un grado di leggere Dante - l'altra notte ho sentito il lento procedere di una sirena della polizia che mai arrivava davanti alla mia finestra, ero lì a lavorare, a scrivere; e poi la volante intera ho visto di quella sirena passare lenta davanti alla mia finestra a scortare pietosa l'ambulanza che lo ha raccolto quel giovane dalla caduta che, spietata, non lo ha ucciso: il ponte da dove è caduto di depressione questo ragazzo è quello che vedi nella foto, in fondo alla foto Roberto, ed è il più micidiale dei tre presenti nella mia città perché non tanto alto e si affaccia su un parco ricco di arbusti che potrebbero frenare la caduta per depressione. 
Eppure questa teramana è una provincia tranquilla, dove crescerebbe bene qualsiasi famiglia: ci sono, pensa Roberto, il mare e una vera montagna vicini come in nessun altro luogo d'Italia, forse del mondo. L'aria è ancora pulita. L'acqua è ancora scintillante. E ancora pochi per vivere sono costretti a delinquere. Alla notizia di queste morti, Roberto, guardo sempre con rispetto e spavento: non me ne perdo una a interrogarmi; e prendo un libro solo quando lo spavento si è affievolito - no, il profondo rispetto per questi miei veri fratelli non perde mai di gradazione: è costante. Come è costante su questi suoi figli l'occhio di Dio. Che potrebbe salvarli. Che forse li salva a sé perché innocenti di malattia.
Più che i libri, Roberto, servirebbe invece un potenziamento dei reparti dedicati alla prevenzione e alla cura delle malattie della mente. Ad esempio gli psichiatri delle ASL dovrebbero recarsi in visita domiciliare, perché il depresso è sfuggente, ma è a casa che si rinchiude - la mente umana è sfuggente, il corpo molto meno perché lo puoi acchiappare, prima che cada, Roberto; la mente umana è così capace di fare cose meravigliose come quelle letterarie, ma anche di concepire morti atroci per depressione. I reparti dedicati a questo esercizio di prevenzione e cura sono oberati, insufficienti, stremati, assaltati ogni giorno da un disagio che è clinico e serissimo, così serio e in aumento da sembrare sottovalutato perché difficilmente affrontabile: non c'è missione più difficile di quella di portare in salvamento un depresso - ecco, questo lo dico alle vittime collaterali della depressione, perché questa è l'unica malattia che produce dei danni collaterali; lo dico ai parenti: non potevate salvarlo! Ne ho avute di morti intorno e non ho potuto impedirne nessuna, né tanto meno ci sarebbe riuscito Dante, seppure il più grande. 
La depressione delle malattie è la più sfuggente perché della mente: è un improvviso cortocircuito, di solito di origine traumatica, tra il corpo e la mente; ed è un guasto, quando è davvero depressione e non malinconia, che non si rimedia ma cronicizza. È una condizione che accompagna chi ne soffre per tutta la vita, con fasi acute troppo spesso letali, tanto da non essere più in grado, così consumati, di rispondere all'istinto di sopravvivenza e conservazione, che è invece in soggetti sani è così forte da riuscire a scatenare le guerre più sanguinose: la guerra è un mostruoso eccesso di vitalità, Roberto, mentre il depresso che cade è inverno morto molti anni prima da quella caduta.
Ma che cos'è la depressione concretamente,  Roberto? 
La depressione è l'inizio di un aperto conflitto interiore tra anima e corpo: accade quando l'anima non accetta più la sua forzosa convivenza con il corpo umano che comincia il divorzio dalla vita, e il pensiero è lì che ammala, fino all'annichilimento, fino a concepire il suicidio, cioè uno dei tanti modi di morire per depressione, vale a dire di farsi la propria morte per depressione. Io me la sono spiegata così la depressione. E nei libri è inutile scriverlo questo mio pensiero, questa mia risoluzione, perché non salverebbe nessuno di questi miei veri fratelli.
No Roberto, al malato di depressione non servono né Dante né Petrarca, bensì potrebbe aiutarlo a salvarsi la vita, a risvegliare in lui la vita, una Sanità pubblica più efficace nei suoi strumenti di diagnosi e cura e meno piegata al profitto, soprattutto a quello maturato in libera professione all'interno della struttura statale, che ruba spazio e strumenti agli ammalati meno abbienti.
La depressione Roberto, sai, è talmente democratica che non distingue le classi sociali; anzi è una malattia marxista perché fa dell'uomo una sola classe sociale per eliminarle tutte.
La depressione, Roberto, ancora più concretamente, è un costante desiderio di morte che accompagna l'ammalato per tutta la vita o fino a morirne dal vero di un ponte o di un cappio o altro strumento utile a smettere quel profondissimo dolore, il più sordo e profondo - pensa solo ai tradimenti che subì Cristo prima di arrivare alla croce: la depressione lo colse nell'orto del Getsemani e, di nuovo deluso dall'uomo, si accorse che nessuno aveva vegliato la sua anima oppressa da una tristezza mortale. È scritto.
Ma che sia chiaro, lo ribadisco: non è morto mai nessuno di suicidio ma tutti sono morti i suicidi di depressione. Quindi è sciocco continuare a scandalizzarsi per qualcosa che non è mai accaduto.
Succede invece, Roberto, che la vita, a un certo punto, diventi così insostenibile dalle spalle di un solo essere umano che, per sfinimento, si cade dai ponti. Si cade dai ponti.

MASSIMO RIDOLFI
Link Articolo di Roberto Contu, Avvenire, 24 marzo 2025, dal quale scaturisce l'articolo a firma di Massimo Ridolfi: LEGGILO QUI