Nel 2024 in Italia si sono contati 651mila
decessi (dato provvisorio), 20mila in meno rispetto al 2023. In
rapporto al numero di residenti sono deceduti 11 individui ogni
1.000 abitanti, contro gli 11,4 dell'anno precedente: un numero
così basso di decessi non si registrava dal 2019. Il calo della
mortalità risulta confermato anche dal confronto con i 678mila
decessi teorici che si sarebbero avuti nel 2024 se si fossero
manifestati i medesimi rischi di morte del 2019. Lo rileva
l'Istat nel rapporto "Indicatori demografici Anno 2024",
divulgato oggi.
Nel quadro di una popolazione che invecchia il numero di
decessi tende strutturalmente a crescere in quanto più individui
sono esposti ai rischi di morte, anche nel caso in cui tali
rischi dovessero rimanere invariati da un anno all'altro. Se
questo fenomeno non si verifica, com'è avvenuto nell'ultimo anno,
può dipendere dal mutevole andamento delle condizioni
climatico-ambientali, dall'alterna virulenza delle epidemie
influenzali da una stagione alla successiva, da un significativo
eccesso di mortalità dovuto a precedenti circostanze eccezionali
come avvenuto nel periodo pandemico e post-pandemico. Negli
ultimi 15 anni si sono osservati diversi picchi significativi
(nel 2012, 2015, 2017 e soprattutto nel 2020-2022) ai quali ha
sempre fatto seguito un calo della mortalità negli anni
immediatamente successivi.
Il calo dei decessi si traduce in un guadagno di vita rispetto
al 2023 di circa cinque mesi sia per gli uomini sia per le donne.
La speranza di vita alla nascita nel 2024 è stimata in 81,4 anni
per gli uomini e in 85,5 anni per le donne (+0,4 in decimi di
anno), valori superiori a quelli del 2019. Il difficile periodo
legato alla pandemia sembra essere ormai superato come evidenzia
una sopravvivenza che torna a registrare incrementi
significativi. Certamente la pandemia ha lasciato un segno
importante: lo testimonia il fatto che ci sono voluti quattro
anni per un ritorno alla normalità storica e che, se la pandemia
non avesse avuto luogo, oggi si parlerebbe molto probabilmente di
condizioni di sopravvivenza ancora migliori.Nel Nord, prosegue l'Istat, la
speranza di vita alla nascita è di 82,1 anni per gli uomini e di
86,0 per le donne; i primi recuperano cinque mesi rispetto
all'anno precedente, le donne invece quasi quattro mesi. Il
Trentino-Alto Adige si conferma ancora come la regione in Italia
con la speranza di vita più alta sia tra gli uomini (82,7) sia
tra le donne (86,7).
Nel Centro la speranza di vita alla nascita è 81,8 anni per gli
uomini e 85,7 anni per le donne, con un incremento di quasi
quattro mesi rispetto al 2023 per entrambi i sessi. In questa
ripartizione geografica le Marche sono la regione dove si vive
più a lungo, con un valore della speranza di vita alla nascita di
82,2 anni per gli uomini e 86,2 per le donne.
Nel Mezzogiorno si registrano valori più bassi della speranza
di vita alla nascita, 80,3 anni per gli uomini e 84,6 anni per le
donne. L'Abruzzo è la regione che consegue guadagni di
sopravvivenza maggiori tra gli uomini, oltre 8 mesi in più sul
2023. Significativi, sempre nel Mezzogiorno, sono i guadagni
ottenuti tra le donne in Sicilia, Basilicata e Calabria, ben 6
mesi in più. La Campania, nonostante un considerevole recupero,
rimane la regione con la speranza di vita più bassa tanto tra gli
uomini (79,7) quanto tra le donne (83,8). Prima di festeggiare per questo aumento di speranza di vita, però, ricordiamoci che è proprio sulla base di questte statistiche dell’Istat che si calcola l’età pensionabile media italiana. Per essere più chiari: più aumenta la speranza di vita, più si allontana l’età della possibile pensione.