×

Avviso

Non ci sono cétégorie

banner_GiornataStudioBluetongue2021.jpgSono già oltre 90 i focolai di blue tongue accertati in Abruzzo, dieci in più rispetto alla scorsa settimana. Un numero che preoccupa, perché conferma la diffusione rapida e continua del virus e che lascia presagire uno scenario critico per l’intero comparto ovicaprino regionale.

A fare il punto è stato l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo, intervenuto ieri al tavolo tecnico con i servizi veterinari delle quattro Asl abruzzesi. Le proiezioni presentate parlano chiaro: entro 40-50 giorni l’epidemia potrebbe estendersi a tutta la regione. Nello scenario più ottimistico, il contagio rallenterebbe ma non si fermerebbe.

IL VACCINO C’È, MA LA REGIONE NON INTERVIENE

L’unico strumento davvero efficace, secondo gli esperti, resta il vaccino inattivo. «Con le giuste tempistiche può fare la differenza», sottolinea l'IZS. Tuttavia, non esiste al momento alcuna campagna vaccinale obbligatoria promossa dalla Regione. La scelta viene lasciata agli allevatori, che devono sostenere i costi: 3 euro a dose, più un richiamo a distanza di tre settimane. L’immunizzazione completa si ottiene in circa 40 giorni.

L’assenza di un piano pubblico di vaccinazione solleva forti preoccupazioni tra gli operatori del settore. «Una campagna vaccinale andava avviata in primavera quando il ciclo biologico degli insetti vettori rende l’intervento più efficace».

COLDIRETTI: “SETTORE FRAGILE, SERVONO MISURE IMMEDIATE”

La febbre catarrale degli ovini, sebbene non sia trasmissibile all’uomo e non intacchi la qualità dei prodotti, sta infliggendo danni pesanti agli allevamenti. Oltre alla perdita di capi infetti, gli allevatori devono fronteggiare un calo della produzione e blocchi alla movimentazione del bestiame.

Coldiretti Abruzzo denuncia: «Si rischia di infierire un colpo mortale a un settore già fragile, ma fondamentale per l’economia e la storia della regione». Al momento, non ci sono misure di indennizzo previste per chi sceglie di vaccinare spontaneamente, anche se la Regione non esclude future aperture.

SOLO PESTICIDI E REPELLENTI: MA NON BASTANO

In questa fase, le Asl puntano su repellenti e insetticidi per contrastare il moscerino vettore del virus. L’uso di antiparassitari è raccomandato per tutti, ma diventa obbligatorio in presenza di infezioni confermate o sospette. Tuttavia, secondo l’Istituto, si tratta di strumenti coadiuvanti, non risolutivi.

Permane una certa flessibilità anche sulla movimentazione del bestiame, consentita ma solo previo consenso del veterinario aziendale. In caso di decesso, è ammesso l’interramento delle carcasse, previa autorizzazione del sindaco, nel rispetto delle norme sanitarie.

IL VIRUS DECLASSATO DALL’UE, MA RESTA UNA MINACCIA

A livello normativo, la situazione è resa ancora più incerta dalla recente decisione dell’Unione Europea, che ha declassato la blue tongue da malattia di classe A a classe C, riducendo le misure obbligatorie di contenimento. Una scelta che, secondo molti allevatori, rischia di aumentare la sottovalutazione del problema.

Intanto, l’Abruzzo osserva con preoccupazione la traiettoria dell’epidemia. Se non interverranno misure strutturali — a partire da una campagna vaccinale pubblica — la diffusione incontrollata del virus nei prossimi due mesi potrebbe aggravare ulteriormente la crisi del comparto zootecnico regionale.