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Si è riunita oggi la Commissione dei Garanti del Comune di Teramo, per discutere del “caso” e del “caos” alla Macroarea 5 "Teramo Centro”, dove la maggioranza del Collegio di Coordinamento ha rassegnato le proprie dimissioni, in aperto contrasto con la portavoce, Luigia Ancarani.
Sul tavolo, due note, quella della stessa Ancarani, che chiede un parere sulla «…modalità di prosecuzione dell'attività del Collegio, chiedendo se - a seguito delle dimissioni di quattro membri - sia legittimo procedere alla surroga tramite i candidati non eletti oppure se, al contrario, tali dimissioni debbano essere interpretate come causa automatica di scioglimento del Collegio stesso». I membri dimissionari, invece, dal canto loro, sostengono che «…l’avvenuta riduzione del numero dei componenti a soli due membri - su un totale precedentemente eletto di sei - comporti la cessazione automatica del Collegio, ai sensi delle disposizioni statutarie, escludendo ogni possibilità di surroga».
Chi si aspettava un parere autorevole da parte della segretaria generale del Comunale, è rimasto deluso, perché: «…ha manifestato la propria intenzione di astenersi dall'esprimere un parere sostanziale, al fine di tutelare la propria funzione di garanzia e imparzialità, visto che si tratta di una situazione che presenta potenziali connotazioni di natura politica».
Quindi, si chiama fuori.
Il Presidente del Consiglio Comunale Alberto Melarangelo e il Vicepresidente Cozzi richiamano l'art. 6 dello Statuto, rubricato "Collegio di Coordinamento", soffermandosi in particolare sul comma 7, il quale stabilisce che: «Quando il numero dei componenti eletti si riduce ad un numero inferiore al 50% di essi, il portavoce convoca l'assemblea per la ratifica delle dimissioni o della decadenza del/i componenti che hanno determinato le condizioni di interruzione delle attività del Collegio di Coordinamento e per la presa d'atto del suo scioglimento e quindi della contestuale decadenza degli eletti ancora in carica».
Sul concetto sono d’accordo entrambi sulle conseguenze no. 
Concordano sul fatto che si tratti di «… un meccanismo automatico di scioglimento, fondato sulla soglia minima di funzionalità dell'organo collegiale. Qualora, come nel caso di specie, venga superata negativamente la soglia del 50% dei membri eletti, il Collegio si considera sciolto e i membri residui decadono ipso iure. La funzione attribuita al portavoce non è quindi discrezionale, bensì ricognitiva: è tenuto a convocare entro trenta giorni un'assemblea non per decidere se sciogliere il Collegio, ma per prendere atto di una condizione già realizzatasi». 
Quindi, collegio sciolto?
 No, perché 
il Presidente Melarangelo, pur riconoscendo la portata del comma 7, richiama anche il comma 6 dello stesso articolo, che dispone: "Le dimissioni volontarie degli eletti sono irrevocabili sin dalla data della presentazione. |-] Entro trenta giorni, il portavoce convoca l'assemblea dei residenti per la ratifica e l'eventuale surroga.” Quindi,, secondo il Presidente “…l’obbligo di convocazione entro 30 giorni per la ratifica e l'eventuale surroga lascia aperta - in astratto - la possibilità di sostituire i membri dimissionari, a condizione che ciò avvenga prima che si sia formalizzato lo scioglimento del Collegio”. 
Il Vicepresidente Cozzi contesta l’interpretazione, ritenendola non coerente con la sequenza logico-giuridica prevista dallo Statuto, anche perché, nella lettura incrociata dei due commi, appare abbastanza evidente che il comma 6 prevede la surroga dei consiglieri dimissionari, purché non siano superiori al 50%, perché in quel caso agisce il comma 7, con la decadenza. Insomma, il Collegio è di fatto sciolto dal momento delle dimissioni del 50% dei consiglieri, va solo ratificato.