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BimbesaIl diritto non è un bluff. È riconoscimento, responsabilità, dignità.

Il post di Berardo Rabuffo e Carola Profeta si fonda su un approccio che riduce a “clamore mediatico” un gesto dal forte significato umano, giuridico e costituzionale: il riconoscimento di due madri per una bambina. Ma in realtà, non è il Sindaco di Teramo ad aver bluffato. È chi continua a negare che la società sia già cambiata.

La Corte Costituzionale, con le sentenze n. 32/2021, n. 79/2022 e, da ultimo, n. 68 e 69/2025, ha chiarito un principio fondamentale: ciò che conta nella genitorialità non è solo il dato biologico, ma la volontà genitoriale, l’assunzione di responsabilità verso il minore, l’effettiva cura, la protezione, l’amore.

Lo ha ribadito anche la Corte di Cassazione (Sez. I civ., ordinanza n. 7668/2024):

“Nel superiore interesse del minore, deve essere riconosciuta efficacia al legame affettivo e di cura stabilito con la coppia genitoriale, anche dello stesso sesso, ove ciò corrisponda al suo benessere psicofisico.”

La legge evolve. Le coscienze pure.

Dire che si tratta di una “nota di riconoscimento” priva di effetti è tecnicamente scorretto. L’atto ha valore giuridico, anche se non ancora formalmente registrato nel sistema informatico. Il Sindaco di Teramo ha voluto garantire visibilità e dignità a una bambina e alla sua famiglia. È proprio il principio di eguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.) che impone alle istituzioni di non restare neutrali di fronte alle discriminazioni, anche quando l’ordinamento è in ritardo.

La Costituzione prima di tutto

Parlare di “distruzione della famiglia” significa ignorare ciò che la nostra Carta dice in modo chiaro:

 • Art. 2: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, anche nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.

 • Art. 30: è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.

 • Art. 31: la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi.

Non è il modello “padre-madre-figli” ad essere distrutto, ma finalmente superata l’esclusività di un unico archetipo familiare, in favore di una pluralità che già esiste nei fatti e che la giurisprudenza ha il dovere di riconoscere e tutelare.

Il diritto del bambino viene prima delle ideologie

Non è il diritto degli adulti ad avere figli che deve guidare l’ordinamento, ma il diritto dei bambini ad avere genitori responsabili, presenti, capaci di amare. E se questi genitori sono due madri, che differenza fa per il loro benessere psicologico, educativo, affettivo? È proprio la Corte Costituzionale a ricordarlo: l’interesse del minore non può essere sacrificato sull’altare di una visione ideologica.

Conclusione

Non si tratta di spot. Si tratta di civiltà giuridica.

Di istituzioni che si assumono il compito di rendere visibili e tutelati coloro che troppo spesso sono stati considerati invisibili.

La forza di una democrazia non è conservare un modello immobile, ma garantire diritti nuovi a chi ne è stato escluso, senza toglierli a nessuno.

La politica dovrebbe accompagnare questi processi con responsabilità e verità. Non evocando fantasmi ideologici o paure da romanzo distopico. Ma restando ancorata ai principi della nostra Costituzione: uguaglianza, dignità, libertà.

Manola Di Pasquale

Avvocato – Dirigente PD

Teramo