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CarapiaNegli ultimi giorni a Teramo si rincorrono titoli, proclami e prese di posizione su una presunta emergenza sicurezza. Il centro del discorso? Alcuni episodi di risse — isolate, spesso tra soggetti marginalizzati, molti dei quali stranieri. Siamo chiari: non esiste alcuna emergenza. I numeri non giustificano il panico, e chi parla di città fuori controllo sta semplicemente strumentalizzando l’insicurezza per i propri interessi. In questa operazione — grave e pericolosa — convergono politica, stampa e questura, ognuna con il proprio tornaconto.

ll dibattito pubblico in cittá è talmente scadente che D'Alberto fa la figura di un Pericle. La politica mostra solo il suo solito opportunismo, in primis i consiglieri di maggioranza Mistichelli e Papa. Far parte della borghesia di Teramo non vi prepara all'agone politico, vi da solo i mezzi e il tempo libero per potervi candidare e la giusta dose di noia per volerlo fare. In realtà, siamo di fronte a un teatrino squallido, dove la “sicurezza” è solo il pretesto per riposizionarsi in vista di future ambizioni personali.

Si sfrutta il disagio reale di alcune persone per invocare più repressione, più controlli. Ma sappiamo bene che la repressione non risolve nulla, e che chi la invoca spesso ha già scelto da che parte stare: quella del potere, non della comunità e della nostra amata Teramo.

La stampa e i bloggisti locali campano di clic. E i clic li portano le risse, i “pericolosi stranieri”, i titoli gonfiati. Poco importa se il quadro reale viene distorto: l’importante è vendere spazi pubblicitari. Capiamo pure che magari un bello sponsor di qualche costruttore o di qualche imprenditorone con velleitá politiche di destra possa aiutare a vivere meglio, e poi che fai? Non scrivi quello che conviene, usando spesso un linguaggio razzista e classista, per fomentare un possibile futuro elettorato? Il risultato è un’informazione priva di contesto, imbevuta di quel linguaggio razzista e classista, che fomenta odio e insicurezza, e che fa comodo solo a chi ha interesse a seminare paura.

Nel frattempo il questore e il prefetto parlano di emergenza, di degrado, di rischio in città. Ma guarda caso, la famigerata “piazza del pericolo” dista cento metri dalla questura. Non è curioso? Questa narrazione serve a giustificare richieste di risorse, uomini, strumenti repressivi. Dietro a questi allarmi c’è spesso una strategia chiara: creare tensione per limitare spazi d’azione, visibilità, legittimazione. Ma questa tensione è finta. Costruita. E la pagano i più deboli e i cittadini che iniziano ad avere paura persino di girare soli in città, come se l’immigrato sia sempre dietro l’angolo pronto ad aggredire e derubare.

Ma quanto sono aumentate queste rissa in città? Teramane e teramani: non abboccate! Non lasciate che vi raccontino che siete in pericolo. Uscite, parlate, incontrate. Non c’è nessuna invasione, nessun nemico alle porte. Ci sono persone. Migranti che hanno vissuto traumi indicibili, che hanno attraversato deserti, carceri, torture. Qui si cavalcano paure e rancori, per nascondere il vuoto politico e il fallimento sociale.

Basta teatrini, basta finzioni! Chi oggi parla di sicurezza in questi termini, non vuole sicurezza, ma controllo. Non vuole comunità, ma consenso. Non vuole risposte, ma titoli.
Chi siede in Comune e gioca con questi temi, dimostra solo di non essere all’altezza del compito politico che ricopre, il sindaco compreso. Teramo non è un palcoscenico per carriere personali. È una città che ha bisogno di chi la vive tutti i giorni; non di chi è mosso dai soliti miseri interessi personali, non di qualche misero personaggio che siede in consiglio comunale o scrive un blog.
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