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162959480-154a927f-52f4-46f5-9d21-e67459f97911.jpgLa montagna ha restituito una parte di verità. È stato infatti ritrovato lo zaino e lo scarpone di Luca Perazzini, l’alpinista morto insieme all’amico Cristian Gualdi lo scorso dicembre nel Vallone dell’Inferno, sul versante teramano del Gran Sasso. Lo rende noto Il Messaggero Abruzzo. Gli oggetti, riemersi a valle dopo lo scioglimento della neve e le recenti piogge, sono stati recuperati dai carabinieri forestali su delega della Procura di Teramo, a supporto dell’inchiesta in corso. Proprio quello scarpone, perso nella fase iniziale dell’incidente, lasciò Perazzini con un piede nudo sotto la bufera, contribuendo al dramma che si è consumato a 2.700 metri di altitudine, tra vento e neve. Lo zaino, intatto, contiene il materiale che verrà ora analizzato: fin dal principio i soccorritori avevano sottolineato che i due alpinisti non erano equipaggiati in modo adeguato per le condizioni meteo, già critiche dalla tarda mattinata del 22 dicembre.

LE INDAGINI

Grazie anche al lavoro dei legali delle famiglie, gli avvocati Luca Greco e Francesca Giovannetti, si è potuto ricostruire che Gualdi chiamò i soccorsi ben 17 volte, poco prima delle 15, con tanto di geolocalizzazione. Eppure, qualcosa non ha funzionato. L’indagine, coordinata dalla pm Laura Colica, sta ora entrando nel vivo. È stato notificato un avviso di garanzia, come atto dovuto, a un responsabile del soccorso alpino, dopo la consulenza tecnica sul cellulare di Gualdi. Gli inquirenti vogliono accertare se vi siano responsabilità per omicidio colposo a causa di una presunta condotta omissiva. I dubbi sono numerosi, primo fra tutti: perché non fu attivato l’elicottero dell’Aeronautica Militare? Quel giorno, a metà mattinata, altri alpinisti scesero rapidamente dalla vetta, prevedendo il peggioramento. Perazzini e Gualdi, invece, proseguirono, finendo bloccati nella bufera con raffiche di vento oltre i 130 km/h.

LA TRAGEDIA

Luca e Cristian si ritrovarono a poca distanza l’uno dall’altro, senza poter comunicare né toccarsi. Le squadre di soccorso, tra cui CNSAS, Vigili del Fuoco e Finanzieri, rimasero anch’esse bloccate in quota, ostacolate dal maltempo. Cinque giorni dopo, furono ritrovati entrambi senza vita, morti assiderati, dopo aver resistito per giorni in condizioni estreme. Il ritrovamento dell’equipaggiamento apre ora un nuovo capitolo in una vicenda che ha scosso profondamente la comunità degli alpinisti e l’intera regione. La montagna ha restituito gli oggetti, ma anche nuovi elementi per la verità giudiziariache ancora attende di essere scritta.