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«La mia non è una battaglia personale, né contro le istituzioni: è una richiesta di civiltà, perché i diritti delle persone con disabilità vengano riconosciuti e resi concreti». Con queste parole Manolo, attivista da anni impegnato sul fronte dei diritti e della vita indipendente, torna a sollevare il caso che lo vede coinvolto in prima persona e che, al tempo stesso, riguarda centinaia di cittadini con disabilità grave.

Manolo ringrazia pubblicamente il Comune di Pineto per la solidarietà e la condivisione della sua battaglia, ma sottolinea come lo spirito della Riforma sulla Disabilità possa trovare attuazione soltanto se società civile e istituzioni lavoreranno insieme, mettendo in campo risorse adeguate e progetti personalizzati.

L’ALLOGGIO NON ACCESSIBILE

La vicenda prende corpo anni fa, quando Manolo – in accordo con i Servizi sociali – presentò domanda di alloggio ATER specificando la necessità di una soluzione conforme alla normativa nazionale in materia di accessibilità. L’assegnazione, però, non rispettava alcun requisito di legge.
Anche i successivi lavori di adeguamento non hanno mai portato al rilascio della certificazione di accessibilità, lasciando l’appartamento non idoneo.

PROGETTO DI VITA, UN DIRITTO NEGATO

Secondo la normativa vigente, il Progetto di Vita Individuale e Personalizzato è un diritto soggettivo che i Comuni devono attivare tempestivamente d’intesa con le ASL. «Eppure – denuncia Manolo – da oltre due anni attendo che la mia richiesta venga presa in carico: nessun riscontro, né formale né informale».

La stessa situazione si è ripetuta con il fondo “Dopo di Noi”, per cui l’attivista ha presentato domanda nell’agosto 2023. Alla richiesta di rielaborazione del progetto non sono seguite indicazioni precise né un confronto, lasciandolo in una “estenuante attesa”.

FONDI INSUFFICIENTI E RISORSE AGGIUNTIVE

Manolo usufruisce del Fondo di Vita Indipendente (L.R. 57/2012) per un importo di 12mila euro l’anno, cifra ritenuta dallo stesso sindaco di Pineto insufficiente a coprire le spese di assistenza domiciliare necessarie. Proprio per questa ragione il Comune ha scelto di integrare con fondi propri.
«Apprezzo lo sforzo – spiega Manolo – ma non è abbastanza: servono risorse stabili e un progetto strutturato, non soluzioni tampone».

LA RICHIESTA

«Non posso più aspettare – ribadisce –. L’attivazione del progetto di vita non può dipendere dall’assessorato al bilancio né essere rinviata sine die. Le amministrazioni dovrebbero almeno proporre soluzioni alternative temporanee, come residence, bungalow o alloggi adeguati, anche fuori regione, con relativo supporto economico. Non si può lasciare una persona con disabilità in attesa per anni».

La battaglia di Manolo non è solo la sua: è quella di tutti coloro che chiedono il rispetto di diritti già sanciti dalla legge ma troppo spesso negati nella pratica.