A volte la realtà supera la fantasia, e a Piano d’Accio pochi minuti fa è andata in scena una tragicommedia che meriterebbe almeno una menzione speciale a “Striscia la notizia”. Un’auto della Polizia, sirene spiegate, lampeggianti blu che accecano, probabilmente diretta verso un intervento urgente. Ma… sorpresa! Sul ponte “chiuso a senso unico alternato” non c’è stato verso di passare. Non per colpa del semaforo rosso — quello, si sa, può anche attendere di fronte a un’emergenza — ma per via dei birilli, piazzati con tale zelo geometrico da trasformarsi in una muraglia invalicabile, nemica giurata non solo degli automobilisti indisciplinati, ma persino dei soccorsi. Il risultato? La volante si è dovuta fermare, docile come un’utilitaria qualsiasi, in attesa che il semaforo facesse il suo dovere e concedesse il verde. Perché a Piano d’Accio, evidentemente, l’ordine dei birilli viene prima dell’ordine pubblico. Che importa se c’è un’emergenza? Che importa se chi guida ha lampeggianti e sirene accese? Le regole della burocrazia stradale non ammettono deroghe: il birillo non si tocca, non si sposta, non si aggira. È l’ultimo baluardo della civiltà moderna. Sarebbe da ridere, se non fosse da piangere. In un Paese in cui si discute di piani di protezione civile e corsie preferenziali per i mezzi di soccorso, basta un triangolo di plastica per mandare all’aria ogni teoria. Viene da chiedersi: se al posto della volante ci fosse stata un’ambulanza con un paziente in codice rosso, avremmo assistito alla stessa scena? E se sì, i birilli avrebbero avuto il tempo di ricevere una medaglia al valore per “difesa della carreggiata”? Intanto, a Piano d’Accio resta l’immagine grottesca di una Polizia costretta a inchinarsi davanti a un semaforo e a quattro birillo. Una sintesi perfetta del Paese in cui viviamo: dove l’urgenza può aspettare, ma il birillo no.
Foto: elaborazione AI