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Screenshot_2025-10-14_alle_22.16.52.pngNella tornata parlamentare del 15 dicembre 1908 il deputato teramano on. Carlo De Michetti presentò al ministro dell’Interno e al ministro di grazia, giustizia e dei culti, un’interrogazione sul grave conflitto avvenuto il giorno 31 luglio di quello stesso anno in Cesacastina di Crognaleto tra la forza pubblica ed i cittadini, chiedendo che si accertassero la causa e le responsabilità.  Rispose il Sottosegretario di Stato per l’Interno Luigi Facta, il quale disse che l’interrogazione era d'indole assolutamente locale. Vi era stato un grave dissidio tra gli abitanti delle sedici borgate del comune di Crognaleto e nel giorno indicato dall'onorevole interrogante si era verificato un conflitto alquanto serio. Pur tuttavia, Facta assicurava l'onorevole De Michetti che il conflitto, per quanto doloroso, non aveva lasciato lunghi strascichi e che la pace perfetta era ritornata in quei paesi, così che si potevano deplorare i fatti avvenuti, ma ci si poteva rallegrare che grandi responsabilità non si fossero incontrate, perché l'onorevole interrogante sapeva meglio di lui che, se qualche fatto era accaduto, nei momenti di impulsività, in quei paesi erano ritornate una completa la pace e la tranquillità. Certamente l'onorevole De Michetti si sarebbe unito a lui nell'augurio che la ritrovata pace potesse lungamente durare.
Il Sottosegretario di Stato per la grazie, giustizia e culti, Marco Pozzo, si disse meravigliato che l’on. De Michetti avesse inoltrato anche a lui la sua interrogazione, anche prima delle seduta gli aveva spiegato di averlo detto perché erano stati operati degli arresti, a suo avviso, in misura eccessiva. Pozzo spiegò che per ciò che riguardava i poteri giurisdizionali, e nel loro esercizio, l'autorità giudiziaria non doveva seguire che i precetti della legge e i dettati della propria coscienza. Avrebbe potuto aggiungere che, secondo l'ordinamento giudiziario, il ministro di grazia e giustizia aveva sì la direzione del ministero, pubblico, ma, senza escludere che in casi eccezionalissimi potesse intervenire a temperarne l'azione, essa doveva piuttosto vigilare a che quale rappresentante del potere esecutivo presso l'autorità giudiziaria compisse con alacrità il suo ufficio ogni qual volta occorresse, esercitando l'azione penale che gli competeva. Inoltre, in confronto dell'autorità giudicante, poteva intervenire pei provvedimenti che fossero del caso, non mai rispetto alle sue decisioni, ed agli atti che nell'esercizio delle sue funzioni compiva, per il che la legge apprestava a chi se ne credeva leso i dovuti rimedi, ma solo rispetto agli stessi magistrati, quando circostanze estrinseche dimostrassero che essi avessero mancato al loro dovere.
Richiesto dal presidente se fosse soddisfatto delle risposte avute, l’on De Michetti tenne a precisare che l’episodio avvenuto a Cesacastina era da considerare davvero nuovo fra popolazioni laboriose e pazienti e aveva un'importanza speciale, più che per se stesso, per le cause del legittimo malcontento che lo avevano determinato. Le popolazioni locali, disse, erano state costantemente lasciate nel più assoluto, e davvero colpevole abbandono e aveva dovuto con i suoi stessi constatare cose dolorose e sorprendenti. “Esse vivono oggi, come vissero centinaia di anni fa” disse l’on. De Michetti”, prive di ogni beneficio e di ogni luce della nuova civiltà; esse hanno sentieri impraticabili in luogo di strade, corsi d'acqua spesso impetuosi senza ponti, acqua inquinata da pozzanghere fangose, invece di acqua potabile, e seppelliscono i loro morti in aperta campagna, ove gli animali, facilmente scavando la terra, fanno scempio delle povere ossa!” De Michetti proseguì dicendo che l'emigrazione temporanea ed i più frequenti contatti con gente meno sfortunata avevano già cominciato a creare in quelle popolazioni la coscienza dei diritti e a far loro sperare una nuova vita e la conquista di qualche benefizio. Il 25 luglio, riunitisi in buon numero, i cittadini si erano recati presso la sede del Comune per una pacifica dimostrazione, con lo scopo di eccitare l'Amministrazione, ritenuta pigra e lenta a provvedere finalmente alle più alcune urgenti necessità. Nel momento in cui i dimostranti giungevano alla sede comunale, il Consiglio era riunito per deliberare, qualcuno dei più ardimentosi aveva rivolto parole di rimprovero ai consiglieri, i quali, senza prestare alcuna attenzione, esaurito l'ordine del giorno, si erano sciolti. Allora qualche altro dei dimostranti aveva chiuso la sede comunale e aveva offerto la chiave al brigadiere dei carabinieri, che l’aveva rifiutata, e poi al segretario comunale, che invece l’aveva presa in consegna. In questo era consistita la dimostrazione, e la cosa avrebbe potuto essere dimenticata. Invece, portata a conoscenza del Procuratore del Re di Teramo, si era aperto un processo clamoroso contro un centinaio di cittadini ed erano stati emessi quattordici mandati di cattura, con ordine di eseguirli anche di notte! La notte del 31 luglio venti carabinieri si erano recati verso Cesacastina, dove erano giunti sull'albeggiare. La popolazione, appena allora destatasi, spaventata di tanti armati, presa da cieco terrore, si era messa in attitudine di difesa e qualcuno aveva cominciato a scagliare sassi contro la forza pubblica. Questa aveva risposto con le armi e aveva sparato ben quaranta colpi, parecchi dei quali avevano ferito alcuni dimostranti! Avrebbero potuto risparmiarli, tanto più che il tenente dei carabinieri e il delegato di pubblica sicurezza avevano ripetutamente ordinato di retrocedere. In questo era consistito il conflitto, nel quale certamente la popolazione aveva avuto una parte di torto, ma una gran parte di colpa aveva avuto anche la forza pubblica, indisciplinata ed eccessiva.
L’on. De Michetti si disse insoddisfatto della risposta del Sottosegretario di Stato per l'interno. Conveniva con lui che l'autorità politica non aveva avuto alcuna responsabilità, e doveva riconoscere che il Prefetto di Teramo aveva fatto premurosamente il suo dovere, mandando più volte avveduti commissari per avvisare ai mezzi coi quali provvedere alle urgenti necessità di quelle popolazioni e dare opportuni suggerimenti all'amministrazione comunale. Ma il Governo doveva prendere in considerazione le condizioni in cui vivevano le popolazioni che vivevano in luoghi montuosi dove sembrava che non riuscisse a penetrare la luce della moderna civiltà. Per conoscerne le vere condizioni ed i veri bisogni si sarebbero dovuti adottare mezzi più seri e più adatti di certe commissioni d'inchiesta che avevano fatto spendere allo Stato molto denaro senza nessun possibile utile risultato, dato il modo frettoloso e superficialissimo con cui erano state condotte. Ancora più insoddisfatto l’on. De Michetti si disse della risposta del Sottosegretario di Stato per la giustizia, perché la vera responsabilità del conflitto risaliva all'autorità giudiziaria, che aveva agito senza ponderazione e senza criterio ed era stata quasi provocatrice dei disordini avvenuti. Era meravigliato di aver sentito sostenere dal Sottosegretario il principio della insindacabilità degli atti dell’autorità giudiziaria. L’onorevole ministro Orlando aveva detto alla Camera di ritenere che l'amministrazione della giustizia fosse un servizio pubblico , come tutti gli altri, e che l'azione dell'autorità giudiziaria fosse soggetta al controllo del Parlamento. Se il Paese pagava i giudici, doveva pur sapere se ed in qual modo essi adempivano ai loro doveri! Purtroppo molte volte accadeva che i magistrati, sebbene colti , mancassero di criterio e del senso della misura e della proporzione e non capivano che la funzione giudiziaria era una funzione eminentemente sociale. Da questa mancanza di criterio e di misura non di rado derivavano danni gravissimi e irreparabili. Spesso si era tentati di paragonare l'amministrazione della giustizia al servizio ferroviario, con questa differenza, a vantaggio almeno della sincerità del servizio ferroviario, che i disastri ferroviari si vedevano e venivano risarciti. Mentre quelli della giustizia non si vedevano e non venivano riconosciuti.Questa affermazione del deputato teramano venne accolto da un fragoroso applauso dell’assemblea parlamentare.
Era certo, concluse De Michetti, che a Cesacastina l’autorità giudiziaria era stata incauta ed eccessiva nei suoi provvedimenti, emanando quattordici mandati di cattura contro pacifici cittadini e con l’ordine di eseguirli anche di notte. La stessa autorità si era resa conto di avere agito impulsivamente e imprudentemente, infatti aveva lasciato ineseguiti molti dei quattordici mandati di cattura e contro nuovi imputati dello stesso reato, su denuncia del sindaco di Crognaleto, aveva emesso soltanto mandati di comparizione.
Elso Simone Serpentini