
C’è chi riesce a perdere e farla sembrare una vittoria. E poi ci sono gli eletti (ormai ex) della Macroarea 2 di Colleatterrato, che hanno toccato nuove vette dell’autoassoluzione: si sono dimessi per protesta contro la politica, giusto un minuto prima che le loro elezioni venissero annullate per mancanza di... voti.
Già, perché parliamo di un’elezione che definire “partecipata” è un esercizio di comicità: 87 votanti su oltre diecimila residenti. Altro che ingerenza della politica: qui la politica non si è proprio vista. Né lei, né i cittadini. Eppure, nel comunicato ufficiale si legge di “pesanti interferenze” e “tentativi di politicizzazione”. In pratica, la colpa non è del disinteresse generale, ma di un misterioso complotto che avrebbe impedito ai cittadini di... accorgersi che si votava.
Leggete la nota inviata ai garanti: «Siffatta decisione è maturata dalla palese constatazione della pesante ingerenza della politica, tesa a impedire l’effettiva partecipazione dei cittadini alla gestione del proprio territorio. Con le dimissioni in blocco dei componenti del collegio di coordinamento si intende respingere proprio tale tentativo di politicizzare la “Macroarea 2».
L’arte di ribaltare la realtà ormai non conosce limiti. La partecipazione crolla, la legittimità evapora, ma invece di riconoscere il fallimento si preferisce rovesciare il tavolo e dare la colpa al “sistema”. È un copione già visto: quando la realtà è imbarazzante, si inventa un nemico invisibile.
E così gli eletti, invece di fare autocritica, firmano le dimissioni in blocco e le presentano come un “gesto di dignità”. In verità, è il gesto di chi ha capito che stava per finire nel bollettino delle elezioni nulle e ha deciso di uscire di scena con un colpo di teatro.
Ma la verità resta tutta lì, nuda e impietosa: Colleatterrato non ha votato, perché chi doveva gestire tutta la macchina organizzativa ha fallito. L’ha detto anche il parroco. Non è stato un trionfo della democrazia, ma l’ennesima promessa di partecipazione che scivola nell’autoreferenzialità.
Insomma, altro che “interferenze politiche”: questa resta una figuraccia della quale gli eletti e gli organizzatori delle elezioni si dovranno far carico. Ottantasette votanti su diecimila residenti non sono politica, sono una vergogna.
E contro quella, purtroppo, non ci si può dimettere.

