C’è un filo di ironia, ma anche di concretezza, nell’interrogazione che il consigliere Alessio D’Egidio ha rivolto al Sindaco: serve davvero un nuovo addetto stampa, o non sarebbe meglio assumere un operaio o un vigile urbano? La domanda, semplice e diretta, tocca un nervo scoperto di molte amministrazioni: la distanza tra ciò che si comunica e ciò che si fa. D’Egidio ha ricordato che il concorso per l’assunzione di un nuovo addetto stampa è stato rinviato sei volte, e ha chiesto spiegazioni su tempi e priorità. Il Sindaco, dal canto suo, ha risposto che i ritardi sono dovuti alla mancata costituzione della commissione esaminatrice, visto che alcuni enti coinvolti — come l’università — non hanno ancora nominato i propri rappresentanti. Fin qui, la burocrazia. Ma il punto vero non è solo procedurale. Il Sindaco ha difeso la sua scelta di investire nella comunicazione, sostenendo che «non si tratta di propaganda, ma di una comunicazione strutturata e professionale». E, anzi, ha rilanciato: per lui, non serve “una persona in più”, ma più persone, perché “ricostruire un ufficio di comunicazione è necessario per tutti gli enti pubblici”. Una posizione legittima, certo, ma che apre un dibattito più ampio. «In un momento in cui i Comuni faticano a garantire servizi essenziali — spiega D’Egidio - la scelta di potenziare l’ufficio stampa rischia di apparire stonata agli occhi dei cittadini». C’è, insomma, una domanda di fondo: quanto serve comunicare, se mancano le risorse per agire?

