
Fa discutere il caso della famiglia che viveva in una casa isolata nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, cui il Tribunale per i minorenni de L’Aquila ha revocato la responsabilità genitoriale, allontanando i tre figli minori dalla coppia. Una decisione definita “ingiusta” dall’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (Aps), che attraverso una lunga nota firmata dal presidente Ubaldo Valentini denuncia quello che ritiene un intervento “arbitrario e sproporzionato”.
Secondo l’associazione, la scelta di vita dei genitori — abitare in una casa priva di energia elettrica, acqua corrente e servizi interni, provvedendo autonomamente all’istruzione dei figli — rientrava in una legittima forma di organizzazione familiare. La madre, ricordano, è insegnante; i bambini, descritti da conoscenti come “sereni, socievoli e altruisti”, vivevano in un ambiente semplice ma “pulito”, basato su agricoltura, autoconsumo e un contesto naturale considerato dalla famiglia stesso parte integrante del percorso educativo.
La decisione del tribunale, secondo la nota, avrebbe “scientificamente voluto sconfessare la tentazione di ritenere il bosco come scuola di vita”, mettendo in discussione uno stile familiare alternativo ma, a detta dell’associazione, non pregiudizievole per i minori.
Valentini va oltre il singolo episodio e denuncia quello che definisce un “sistema di giustizia minorile fermo nel tempo”, non solo a L’Aquila ma anche nei tribunali delle province abruzzesi, compreso Teramo. Secondo il presidente, le strutture giudiziarie e i servizi sociali opererebbero con “logiche ideologiche e di genere”, favorendo il genitore collocatario e penalizzando, soprattutto nei casi di separazione, i padri accusati ingiustamente. Accuse pesanti, che si estendono anche ai centri antiviolenza e al ruolo dei media, ritenuti spesso “allineati” per timore di contrapporsi all’autorità giudiziaria.
L’associazione accoglie con favore l’annunciata indagine del Governo e del Ministro della Giustizia sulle procedure dei tribunali minorili, auspicando una riforma che “tuteli i minori senza imporre metodi educativi estranei alla volontà dei genitori”.
La conclusione della nota è un appello netto: “Aiutare i genitori senza far rinnegare loro le scelte di vita è un dovere pubblico. Togliere i figli per divergenze educative è una disumana presunzione da reprimere anche con provvedimenti disciplinari o penali. Giù le mani dai bambini”.
Il caso continua a far discutere e rimane aperto il confronto tra istituzioni, magistratura e associazioni sui limiti e sulle responsabilità degli interventi a tutela dei minori.

