È stato un pomeriggio di paura quello vissuto ieri da due fratelli di 15 e 12 anni, aggrediti a Porto d’Ascoli solo perché il maggiore indossava giubbino e cappello dell’Ascoli Calcio, parte della divisa ufficiale dell’Under 15 in cui milita. Un episodio che la famiglia definisce «assurdo» e che ha profondamente scosso entrambi i ragazzi.
L’aggressione è avvenuta davanti all’attività commerciale gestita dalla madre nella frazione sambenedettese. Il 15enne, già fermo per un infortunio al ginocchio che gli aveva impedito di partecipare alla partita contro il Pontedera, è stato colpito proprio in quel punto con un calcio sferrato dall’uomo che li ha avvicinati. Anche il fratello minore è stato colpito, riportando una leggera lesione a una costola.
Trasportati all’ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto del Tronto, i due giovani sono stati dimessi nella notte, ma dovranno sottoporsi a ulteriori accertamenti. Ora sono a casa, ancora spaventati per la violenza subita.
A raccontare l’accaduto è la madre: «È assurdo. Mio figlio è stato aggredito perché indossava capi dell’Ascoli, la squadra in cui gioca. Noi viviamo a Martinsicuro, lui ha amici a San Benedetto e simpatizza sia per l’Ascoli che per la Sambenedettese. Lo ha detto anche all’aggressore, ma non è servito: mentre saliva in macchina con la zia, quell’uomo ha aperto la portiera intimandogli di togliersi quei vestiti. Mio figlio ha provato a spiegare che lavoriamo a Porto d’Ascoli, ma lui ha risposto che non gliene fregava niente. “Così in giro non ci vai quaggiù”, gli ha detto, riferendosi al giubbino dell’Ascoli».
La donna aggiunge che ora il figlio vive nel timore che un episodio del genere possa ripetersi: «È inconcepibile che non si possa camminare tranquillamente con un giubbino o un cappellino di una squadra di calcio».
I carabinieri, intervenuti immediatamente, hanno identificato l’aggressore. La famiglia ha già sporto denuncia. Le indagini proseguiranno per chiarire ogni dettaglio e valutare eventuali responsabilità penali.
Un episodio che riaccende il dibattito sulla violenza legata al tifo calcistico, soprattutto quando a farne le spese sono dei minorenni che nulla hanno a che vedere con le dinamiche del tifo organizzato. Una vicenda che ha scosso la comunità locale e che la famiglia spera possa servire da monito: «Non può succedere più. È solo calcio».

